LANCIARE LAUREE PROFESSIONALIZZANTI PDF Stampa E-mail

I dati di AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati ci dicono che il 55% dei laureati triennali prosegue con la laurea magistrale, ritenuta essenziale per avere maggiori possibilità occupazionali e, a conferma dell'irrisolto e fondamentale problema del diritto allo studio, non va sottaciuto il fatto che a proseguire col biennio sono i giovani che provengono da ambienti familiari avvantaggiati. Dei restanti laureati di primo livello (45%), a un anno dalla laurea sono occupati il 67%: di questi, il 42% ha una stabilità contrattuale, il 50% utilizza le competenze specifiche e coerenti con il titolo di studio e ha un guadagno netto di 1.079 euro mensili. Che il Paese non abbia creato adeguatamente lavoro, è evidente; che le lauree di primo livello non abbiano pienamente raggiunto lo scopo è altrettanto evidente: e qui, l'ambiguità della legge si è coniugata con alcune cattive pratiche accademiche. Allarma poi il confronto con gli altri Paesi europei, Germania in testa, dove è vistoso, oltre che vincente, il modello delle Fachhocschulen: 880mila iscritti a fronte di 1,6 milioni di studenti delle università; in Italia, invece, contiamo 1,7 milioni di universitari a fronte di soli 4.500 studenti degli Istituti tecnici superiori (Its). E’ evidente che scontiamo un duplice deficit e ritardo: il mancato collegamento tra formazione e mondo del lavoro, e la carenza di titoli di primo livello davvero professionalizzanti. Tra questi, infatti, si vede l'affermazione decisa ma solitaria delle professioni sanitarie, seguite, ma con modeste percentuali di impiego, dalle lauree in scienze e tecnologie informatiche, scienze del turismo, disegno industriale, giuristi di impresa. Benvenuta e meritoria, pertanto, l'iniziativa «Progetto Lauree professionalizzanti» messa recentemente in campo dalla Conferenza dei rettori che prevede - in linea con gli esempi e i modelli europei, soprattutto tedesco e francese - lauree professionalizzanti che contemplino: «canali paralleli o differenziati rispetto al canale accademico tradizionale; 2. un rapporto privilegiato con il mondo del lavoro e degli enti territoriali; 3. l'apprendimento articolato tra aula, laboratorio e pratica». (Fonte: I. Dionigi, IlSole24Ore 04-07-16)