Home 2016 18 maggio RECLUTAMENTO “RACCOMANDAZIONI” ISTITUZIONALIZZATE E PUBBLICHE NEI CONCORSI UNIVERSITARI
“RACCOMANDAZIONI” ISTITUZIONALIZZATE E PUBBLICHE NEI CONCORSI UNIVERSITARI PDF Stampa E-mail

La maggiore differenza tra l’Italia e almeno alcuni dei paesi considerati “virtuosi” è l’assunzione diretta di responsabilità da parte di chi è coinvolto nelle selezioni dei professori. Ad esempio, è pratica comune che i candidati per una posizione indichino uno o più nomi di prestigiosi studiosi, i quali sono chiamati a dare le loro impressioni sul candidato, elencandone pregi e possibili difetti. La scelta di chi scrive la recommendation letter è molto delicata, implicando un delicato equilibrio tra prestigio dello scrivente e conoscenza approfondita del candidato. Non è raro il caso che chi scrive la lettera raccomanda, più o meno esplicitamente, di non selezionare il candidato, allo scopo di non compromettere la sua reputazione. Le raccomandazioni sono quindi istituzionalizzate, e chi ne firma una è moralmente responsabile di eventuali divergenze tra qualità dichiarate e dimostrate da un candidato. Scrivere lettere che risultano ingiustificate impedirà non solo il riconoscimento di future raccomandazioni, ma comprometterà anche il rapporto di fiducia tra il ricercatore e l’istituzione. Vale la pena rovinarsi un rapporto fiduciario per, forse, contribuire ad una posizione ingiustificata?
Anche le commissioni possono essere responsabilizzate, invece di permettere loro di nascondersi dietro il ruolo fintamente tecnico (ma sostanzialmente impossibile) di individuazione del meglio in assoluto. Dovendo giustificare le motivazioni delle loro scelte, pubblicizzando i giudizi espressi sui candidati e permettendo un facile confronto tra questi ed i risultati conseguiti nel corso della carriera, possono scoraggiare almeno i comportamenti più indecorosi. Ovviamente, ogni commissione che arriva al punto di farsi sanzionare dal TAR deve aver interdetta la possibilità di ripetere lo stesso errore, almeno per un periodo congruo di tempo. Al fondo, è una questione dignità e reputazione: di fronte a persone prive di ogni scrupolo non c’è altra difesa che la pubblicità dei suoi atti. Chi sa che le sue scelte saranno rese pubbliche, e potrebbe essere chiamato a giustificarle in futuro, avrà maggior coraggio nell’opporsi a pressioni improprie. (Fonte: M. Valente, Roars 01-05-16)

Un commento di G. Pastore alla fine dell’articolo: Le proposte dell’articolo sono sensate ma possono anche essere rese più forti:
1. interdire per sempre la partecipazione a commissioni il cui operato sia stato valutato negativamente dalla giustizia amministrativa;
2. istituzionalizzare l’utilizzo di lettere di
presentazione (raccomandazione in Italia ha un suono sinistro quando si parla di concorsi) che restino nella documentazione del concorso e possano essere consultate (quelle di tutti) con accesso agli atti da parte dei candidati. Questo darebbe trasparenza ad una pratica attualmente sommersa e potenzialmente torbida, pur nel rispetto del diritto alla privacy.