Home 2010 15 Marzo Alcuni pareri del segretario della FLC CGILl nazionale sul DDL di riforma
Alcuni pareri del segretario della FLC CGILl nazionale sul DDL di riforma PDF Stampa E-mail
Nel DDL compare ben 16 volte la dizione ‘senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato’. Sta in questa frase il nocciolo della riforma “epocale” voluta dal Governo: l’asfissia finanziaria. Il DDL conferma ed enfatizza un approccio minuziosamente prescrittivo che negli ultimi decenni ha fatto parte della tradizione legislativa italiana, e che si è rivelato improduttivo e spesso dannoso: tra norme dirette e deleghe sono circa 180 le prescrizioni che si abbatteranno sull’Università. Il DDL è connotato da un eccesso di deleghe ai limiti dell’impraticabilità costituzionale: l’intero Titolo II è composto di deleghe tanto fumose quanto ampie, a cominciare dal diritto allo studio, che configurano una totale espropriazione della discussione parlamentare e una discrezionalità senza limiti del Governo. Il DDL rappresenta una vera e propria inversione di rotta nel percorso dell’autonomia universitaria. In tutto il provvedimento si rileva la presenza diffusa di una tendenza neo-centralistica che si manifesta nell’imposizione ex ante di molti minuziosi vincoli normativi all’esercizio dell’autonomia delle Università pubbliche. Il provvedimento è altresì improntato alla convinzione che una comunità tra pari, quale la comunità accademica, sia incapace di autogovernarsi a causa della prevalenza di conflitti di interesse. Nelle scelte che riguardano i ricercatori e i precari, i fatti rilevanti sono due: da una parte la conferma della messa a esaurimento dei ricercatori, rinchiusi in un recinto blindato da cui pochissimi usciranno, sia per la carenza di risorse, sia per il blocco del reclutamento, dall’altra l’assenza di qualsiasi intervento di riduzione e razionalizzazione dell’insopportabile precariato, che non è affrontato in alcun modo. Non ci si pone il problema di eliminare le condizioni che hanno fatto negli anni dilatare in maniera patologica il precariato. La stabilizzazione in ruolo del ricercatore a T.D. non è affatto garantita da una valutazione positiva delle sue attività (come nella “tenure” dei Paesi anglosassoni), né tantomeno dall’idoneità scientifica nazionale prevista da questo DDL, poiché è condizionata dal possesso o meno da parte dell’Ateneo delle risorse necessarie, oltre che dai vincoli sul riempimento degli organici introdotti dallo stesso DDL. (M. Broccati, FlcCgil 02-03-2010)