Home 2010 15 Marzo A proposito dell’abilitazione nazionale
A proposito dell’abilitazione nazionale PDF Stampa E-mail
Il DDL presentato dal Ministro Gelmini fa un passo avanti nella direzione di un maggiore riconoscimento del merito nella selezione di associati e ordinari, occorre riconoscerlo. Si disegna un sistema basato su un’abilitazione nazionale e poi selezioni - più o meno a chiamata - locali. Per funzionare, un sistema di questo genere ha bisogno di severe valutazioni dell'operato dei singoli Dipartimenti, per non dire dei singoli docenti. Il ddl demanda tutto a futuri regolamenti, forse nella speranza che poi si riesca a fare nelle stanze del MIUR quello che non si fa in Parlamento. Ce lo auguriamo, anche se è lecito dubitarne. Ma sull'abilitazione nazionale non si può tacere adesso, non in questo contesto. L'abilitazione nazionale è l'unico reale elemento di valutazione presente nel sistema sin da subito. Occorre definire subito i criteri di merito che rendono un ricercatore a qualsiasi livello idoneo ai ruoli di professore associato e ordinario. L'idoneità deve essere conferita annualmente a un numero non elevato di persone sulla base di criteri di merito scientifico di assoluta eccellenza, possibilmente vagliati da esperti internazionali di comprovato spessore. Ripetiamo: stiamo parlando del futuro reclutamento di figure professionali di grande rilievo, non di oscuri burocrati della cultura. I criteri faticosamente scelti dal CUN per il reclutamento sono risibili, forse nemmeno moltiplicati per 5 sarebbero presi in considerazione per reclutare un professore in Paesi assai più seri del nostro. Tutta la procedura deve essere trasparente e veloce. L'attività didattica non può essere un parametro oggettivo di giudizio a livello generale, poiché essa dipende strettamente dal contesto in cui si va a svolgere; le capacità didattiche saranno eventualmente valutate nella successiva selezione/chiamata locale. Qualche spiraglio si è aperto dalle recenti dichiarazioni del Ministro, ma non basta di certo. Nelle ultime settimane si aggirano delle strane figure in questo Paese. Sono ricercatori, precari e non, e professori che da anni non hanno una produzione scientifica accettabile. In nome della tacita trasformazione del personale universitario in piccoli burocrati della cultura vincolati alla promozione automatica, chiedono il riconoscimento di aspettative non scritte da nessuna parte e conquistate – spesso - con la sola fedeltà a qualche altro capataz. Alcuni si propongono di accorpare i livelli della docenza, altri rivendicano attività didattiche come medaglie sul petto a fronte di curricula desolatamente vuoti, altri ancora amano ascoltarsi mentre lanciano grida di sfida bellicose al sistema in riunioni fatte rigorosamente di giorno lavorativo. Tutti sognano l'idoneità, lo scatto stipendiale, il nuovo ruolo e la dovuta deferenza dei colleghi meno idonei nelle assemblee di dipartimento.
(http://ricercatoriprecari.blogspot.com/2010/03/leditoriale-di-bogart-solo-il-merito-ci.html 04-03-2010)