Home 2016 25 gennaio VARIE UN APPELLO: PER IL DIRITTO ALLO STUDIO E ALLA RICERCA
UN APPELLO: PER IL DIRITTO ALLO STUDIO E ALLA RICERCA PDF Stampa E-mail

Si riproduce parzialmente una lettera-appello comparsa su Il Manifesto il 22-01-16. Gli estensori di questa lettera-appello (A. Arienzo, P. Bevilacqua, A. Carravetta, B. Catalanotti, U. M. Olivieri) e i suoi sottoscrittori sono accomunati dal convincimento che l'Università italiana vede il drammatico ridimensionamento della sua influenza sulla società. Negli ultimi 7 anni, per la prima volta nella storia dell'Italia repubblicana, l'Università ha perduto un quinto delle sue strutture organizzative e lavorative e ha visto ridursi il numero degli studenti. Come emerge da una ricerca condotta, tra gli altri, da Gianfranco Viesti per la fondazione Res, è drammatico il generale calo delle immatricolazioni che assume le dimensioni di un crollo al Sud: nel 2012 -16% rispetto al 2000-20011 in Sicilia, -19,8% in Calabria, -21,9 in Sardegna. L'Università è stretta in una morsa mortale, tra un'intollerabile riduzione delle risorse finanziarie e una soffocante burocrazia. Si assiste al proliferare di disposizioni normative, di pratiche inquisitive, di controlli amministrativi, volti ad accrescere la sua «resa» economica, a diminuire i costi interni e a subordinare strettamente il processo di formazione al mercato del lavoro e delle professioni.
L'Italia figura ultima dei Paesi OCSE per i fondi destinati all'Università e alla ricerca con un misero 1% del PIL. Le tasse d'iscrizione sono cresciute negli ultimi 7 anni del 51%: il più elevato incremento a carico di studenti e famiglie verificatosi a livello mondiale. Oggi l'accesso all'istruzione universitaria italiana è il più costoso d'Europa, dopo quello di UK e Olanda; inoltre da noi il diritto allo studio è stato dl fatto smantellato: solo il 7% degli studenti riceve una borsa di studio a fronte del 27% in Francia e del 30% in Germania. Le risorse già insufficienti sono quindi attribuite sulla base di due parametri: il costo standard necessario alla formazione di ciascuno studente sul territorio nazionale, un parametro del tutto inappropriato quando si deve finanziare la crescita culturale del Paese, e la qualità della ricerca stimata attraverso il parametro VQR (Valutazione della Ricerca), un elefantiaco sistema di valutazione che ha creato una situazione di confusione montante e di conflittualità. Tra l'altro a questo metodo di valutazione sono sottoposti docenti sotto-pagati e del tutto privi, da anni, di fondi per la ricerca, cioè delle risorse minime per ottenere i risultati per i quali sarebbero valutati. Il risultato è stato la penalizzazione di risorse, aree disciplinari, atenei e territori, soprattutto (ma non esclusivamente) al Sud.