Home 2016 25 gennaio STUDENTI NUMERO CHIUSO A ODONTOIATRIA MANDATO ALL’ARIA DAL TAR
NUMERO CHIUSO A ODONTOIATRIA MANDATO ALL’ARIA DAL TAR PDF Stampa E-mail

Provi il test di ingresso per il corso di laurea in odontoiatria, ma non lo passi. Che fai? O abbandoni i tuoi sogni di gloria in camice bianco oppure ritenti il test l'anno dopo, sperando di essere più fortunato (e preparato). Ma ora esiste un metodo più sicuro: andare all'estero per un anno e poi tornare in Italia. Passando dal Tribunale amministrativo regionale. Questo il percorso che il Tar ha considerato legittimo e che rischia di mandare al collasso i corsi di laurea a numero chiuso.
Ricapitoliamo. Un pronunciamento della Consulta a inizio 2015 ha dato anche agli studenti provenienti da atenei esteri la possibilità di chiedere un trasferimento per accedere ai corsi a numero programmato, previa valutazione del curriculum accademico. Con un limite: qualora non ci fossero stati posti liberi, l'università italiana avrebbe potuto rifiutare il trasferimento. Una recente sentenza del Tar ha però cambiato le cose: i giudici hanno stabilito che due ragazzi avessero diritto ad entrare direttamente al secondo anno di Odontoiatria alla Statale, nonostante l'Università milanese avesse rifiutato la loro domanda. Il rischio ora, se il Consiglio di Stato confermerà la decisione del Tribunale Amministrativo Regionale, è che si crei un precedente al quale chiunque possa appellarsi: basterebbe frequentare il primo anno all'estero e poi chiedere un già certo trasferimento in Italia. E pronta è arrivata anche la protesta degli studenti: “Non è giusto che solo chi ha le capacità economiche di andare a studiare all'estero, veda poi riconosciuta la possibilità di rientrare nel sistema universitario italiano bypassando la lotteria dei test, mentre altri studenti sono costretti a sbattere contro la selezione iniziale”. E un professore spiega: “Faccio un esempio: al sesto anno bisogna fare oltre 1100 ore di didattica clinica, cioè attività clinica con i pazienti. Se di colpo ci trovassimo da 60 a 100 studenti come potremmo seguirli tutti? Non avremmo abbastanza strumentazione. E neppure abbastanza pazienti. Vorremmo avere chiarezza per poter dare il meglio di noi e abbiamo necessità di avere adeguata programmazione e progettualità”. (Fonte: Libero Milano 09-01-16)