Secondo l’indagine Unesco Science Report 2015, nonostante la crisi finanziaria, fra il 2007 e il 2013 gli investimenti in ricerca e sviluppo sono aumentati a livello globale di quasi un terzo. Con un paradosso: molte nazioni fra le più ricche hanno, infatti, apportato tagli a questo settore, mentre alcuni stati a basso reddito, come il Kenya, hanno invece incrementato gli investimenti. Nello stesso periodo, il numero totale dei ricercatori è aumentato di circa un quinto, arrivando alla cifra di 7,8 milioni; con quasi i tre quarti degli studiosi che risultano distribuiti in cinque aree geografiche principali: Unione europea (22,2%), Cina, Russia, Stati Uniti e Giappone. Nel 2011 la Cina (19,1%) ha sorpassato gli Stati Uniti (16,7%), mentre l’incidenza di Giappone e Russia (residuale perché al di sotto dei dieci punti percentuali) è diminuita ulteriormente. Dei quasi otto milioni di ricercatori, poco più di un quarto è composto da donne; e questo nonostante sia femminile la maggioranza dei laureati (53%) e un 43% dei dottori di ricerca. La diffusa e importante presenza femminile nell’educazione universitaria non dà quindi vita ad altrettanta occupazione nella ricerca. Con un po’ di sorpresa, le ricercatrici sembrano infatti affermarsi più facilmente in America Latina e nei Caraibi (44%), come anche negli Stati Arabi (37%), rispetto invece a un’Unione Europea che ospita ricercatrici solo per il 33% del totale degli studiosi. (Fonte: C. Mezzalira, IlBo 14-12-15)
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