Home 2015 7 settembre IN EVIDENZA VALORE DEGLI STUDI UMANISTICI. UN ARTICOLO SU FQ CHE HA APERTO UN DIBATTITO
VALORE DEGLI STUDI UMANISTICI. UN ARTICOLO SU FQ CHE HA APERTO UN DIBATTITO PDF Stampa E-mail

È giusto studiare quello per cui si è portati e che si ama? Soltanto se si è ricchi e non si ha bisogno di lavorare, dicono gli economisti. Se guardiamo all’istruzione come un investimento, le indagini sugli studenti dimostrano che quelli più avversi al rischio, magari perché hanno voti bassi e non si sentono competitivi, scelgono le facoltà che danno meno prospettive di lavoro, cioè quelle umanistiche. I ragazzi più svegli e intraprendenti si sentono sicuri abbastanza da buttarsi su Ingegneria, Matematica, Fisica, Finanza. Studi difficili e competitivi. Ma chi li completa avrà opportunità maggiori, in Italia o all’estero. Un paper del centro studi CEPS, firmato da Miroslav Beblavý, Sophie Lehouelleur e Ilaria Maselli, ha calcolato il valore attualizzato delle lauree, tenendo conto anche del costo opportunità (gli stipendi a cui rinuncio mentre studio invece di lavorare) delle diverse facoltà nei principali Paesi europei. Guardiamo all’Italia: fatto 100 il valore medio attualizzato di una laurea a cinque anni dalla fine degli studi, per un uomo laureato in Legge o in Economia è 273, ben 398 se in Medicina. Soltanto 55 se studia Fisica o Informatica (le imprese italiane hanno adattato la propria struttura su lavoratori economici e poco qualificati). Se studia Lettere o Storia, il valore è pesantemente negativo, -265. Cioè fare studi umanistici non conviene, è un lusso che dovrebbe concedersi soltanto chi se lo può permettere. L’Italia è il Paese dove questo fenomeno è più marcato. [Nota dell'autore: le tabelle sul valore attualizzato delle lauree non si riferiscono al valore in euro, come può sembrare e come a me è sembrato, ma alla differenza rispetto alla media. I ricercatori fissano a 100 l’NPV medio, cioè il valore attualizzato del titolo di studio (calcolato in euro e poi standardizzato a 100). Quindi se un laureato in materie umanistiche ha un NPD -265 significa che il valore della sua laurea è negativo di oltre due volte il valore medio di un’educazione universitaria.] (Fonte: S. Feltri, FQ 13-08-15)

Un commento di No ponte in coda all'articolo: La conclusione di questo articolo sarebbe di abolire gli studi umanistici, dato "che il valore della sua laurea è negativo di oltre due volte il valore medio di un’educazione universitaria"? Dunque, togliamo dalle discipline di insegnamento la letteratura, il latino, il greco, la storia, la storia dell'arte e quanto altro potrebbe indirizzare gli studenti a scegliere una facoltà umanistica? O meglio, apriamo questi indirizzi solo ai ricchi che possono trastullarsi in queste quisquilie? Non si possono commentare simili proposizioni, perché non esiste una cultura monca e deficitaria di un patrimonio millenario di conoscenza, una cultura privata di una immensa ricchezza letteraria e artistica, di quanto dà lustro a una nazione come la nostra e che il mondo intero ci invidia. Piuttosto - sarebbe la vera riforma della scuola - una visione meno codina del problema condurrebbe a fare delle discipline umanistiche la base propedeutica per l'accesso alle lauree in settori specialistici, giuridici, scientifici, merceologici, amministrativi. Tuttavia c'è chi trae vantaggio da un'involuzione culturale retrograda e deficitaria: la pessima politica e l'analfabetismo di ritorno che la sostiene.

Altro commento di Redazione ROARS (15-08-15): Già nel secondo paragrafo cominciano a scricchiolare le argomentazioni, o meglio non è chiaro come si reggano in piedi: infatti prima Feltri dice che i ragazzi si iscrivono a queste facoltà perché sono portati per le materie umanistiche e le amano (quindi dobbiamo presumere che siano quelli che in italiano, filosofia e storia hanno ottimi voti per esempio), e subito dopo che scelgono le facoltà umanistiche come ripiego i ragazzi che hanno votazioni basse. Non è chiaro da dove Feltri peschi questo ultimo dato (cioè che alle facoltà umanistiche si iscrivono ragazzi con voti bassi), cosa mai affermata nel paper originale, che non prende in considerazione il rendimento precedente degli studenti. Ma in ogni caso, anche se vi fosse davvero una consistente massa di studenti con votazioni basse e scarsa preparazione che si iscrivono alle facoltà umanistiche perché le considerano “più facili”, non è chiaro come questo sarebbe imputabile alle lauree umanistiche in sé e al percorso di studi scelto, né come, invitando un alunno già poco qualificato a non iscriversi a lettere ma a scegliere una facoltà scientifica si potrebbe migliorare la situazione. Se per esempio abbiamo un ragazzo veramente portato per le materie umanistiche (e magari meno, o anche soltanto meno interessato a quelle scientifiche) e lo spingiamo a iscriversi a una facoltà scientifica che non lo attrae o per cui non è affatto portato, rischiamo comunque di votarlo al fallimento La stessa cosa avviene per i ragazzi che si iscrivono a facoltà umanistiche tanto per fare qualcosa: restano lì a vegetare per anni, agguantando voti bassi e imparando poco o nulla, e quando arrivano a conseguire la laurea, sempre che la conseguano, sono assolutamente inadatti al mondo del lavoro e restano disoccupati. Ma, chiediamoci: la colpa è del fatto che hanno una laurea umanistica o del fatto, che, molto semplicemente, l’hanno presa controvoglia e non sono per nulla qualificati o intraprendenti?