Home 2015 16 febbraio VARIE DIFFICOLTÀ ITALIANE PER ORGANIZZARE UNA CONFERENZA COL SUPPORTO DELLO STATO
DIFFICOLTÀ ITALIANE PER ORGANIZZARE UNA CONFERENZA COL SUPPORTO DELLO STATO PDF Stampa E-mail

È impossibile, oggi, in Italia, organizzare una conferenza col supporto dello stato ed è impossibile, in Sicilia almeno, organizzare una conferenza col supporto delle fondazioni (se non si hanno le entrature giuste, immagino). Ma sbagliate voi a pensare che sia per mancanza di strategia. Ricordate, questa è la storia del perché l’Italia è molto più avanti di me: così avanti che ha già superato questo concetto antico delle riunioni di parrucconi in un luogo fisico per discutere di ricerca. Di più! L’Italia è così avanti che sta proprio superando il concetto di ricerca all’università! Il futuro, si sa, non passa da lì. Non esiste, in Italia, uno schema competitivo pubblico per richiedere fondi per organizzare una conferenza – schemi come quelli promossi dai Research Council nel Regno Unito, dalla Fundação Ciência e Tecnologia in Portogallo, o da Formas in Svezia. A quel punto ho realizzato una cosa che spesso diamo per scontata: in Italia non esiste alcuna struttura nazionale come i Research Council, ovvero nessuna struttura indipendente dai governi. Una agenzia indipendente di questo tipo non è mai esistita per due ragioni: 1- la politica italiana non ha mai ritenuto che un oggetto di questo tipo generasse consenso e quindi …2- una parte dell’accademia italiana ha sempre preferito i fondi ministeriali controllati con comitati autocooptati di rettori e vicepresidenti del CUN in prima o interposta persona. Se hai la fortuna di trovare uno sponsor che ti dà 1000 euro per la conferenza, magari l’amministrazione dell’Ateneo pretende di fare un contratto per servizi conto terzi, piuttosto che trattarlo come un’erogazione liberale fiscalmente deducibile. Ciò vuol dire che la sponsorizzazione sarà soggetta a IVA, alle ritenute fissate dall’Ateneo, incluso quel fondo di “produttività collettiva” (un “ossimoro” che da noi costa il 2,5%) che prevede una distribuzione a pioggia dei proventi a tutto il personale tecnico e amministrativo di Ateneo (chissà perché?). Il finanziatore non potrà poi dedurre l’importo erogato per organizzare l’evento scientifico dalle proprie tasse, quindi preferirà sponsorizzare manifestazioni politiche o di partiti, per le quali la deducibilità è assolutamente indubbia e incentivata. E poi ancora. Se il contributo finalmente arriva e voglio finanziarci un coffee break, devo per forza cercare il servizio sul MEPA e, se non c’è, devo fare un bando di gara con il CIG e il CUP e consultare almeno cinque operatori economici. Alla fine devo aggiudicare a chi fa il prezzo più basso, magari fornendo un servizio di pessima qualità. Fra poco ci chiederanno il parere preventivo di legittimità della Corte dei Conti, state a vedere. Queste sono le figure meschine che facciamo con i colleghi stranieri. (Fonte: N. Casagli, P. Marcati, link per leggere il testo integrale 24-01-2015)