Home 2014 14 marzo UE. ESTERO CINA. DIMINUISCONO LE FRODI SCIENTICHE E AUMENTANO SEMPRE PIÙ GLI INVESTIMENTI IN RICERCA
CINA. DIMINUISCONO LE FRODI SCIENTICHE E AUMENTANO SEMPRE PIÙ GLI INVESTIMENTI IN RICERCA PDF Stampa E-mail

Dall’inchiesta che Science ha pubblicato nelle scorse settimane risulta che in Cina c’è un florido commercio di articoli scientifici. C’è chi è disposto a pagare anche 10.000 dollari per apporre la sua firma in calce a un report da pubblicare su una rivista internazionale con peer review. E ci sono vere e proprie agenzie che tirano le fila di questo commercio. Inoltre, come sostiene un giornalista scientifico sulla rivista New Scientist, tra i ricercatori cinesi è molto in uso il plagio ed esagerare le proprie qualifiche accademiche. Insomma, il paese del Dragone non brilla per la sua integrità scientifica. La questione non va sottovalutata, perché la Cina è la potenza scientifica emergente. Prima al mondo, ormai, per numero di ricercatori (1,5 milioni). Seconda dopo gli Stati Uniti sia per investimenti assoluti in ricerca e sviluppo (R&S) che per numero di articoli scientifici pubblicati (ci riferiamo all’anno 2012).
Lo scandalo del commercio cinese di articoli scientifici e il più grande fenomeno del plagio non vanno neppure sopravvalutati. Proprio perché quello della scienza cinese è un mondo in rapidissima crescita. Con una competitività altissima. Per forza di cose i sistemi di controllo non riescono a tener dietro a quella che possiamo considerare una delle più spettacolari espansioni della ricerca scientifica in un singolo paese che la storia recente (e non solo recente) abbia mai conosciuto. Tuttavia nel Paese sta crescendo la consapevolezza dell’importanza dell’etica scientifica sia nella stessa comunità dei ricercatori, sia nelle autorità politiche e anche sui mezzi di comunicazione di massa. E tale consapevolezza avrebbe portato, negli ultimi 14 anni, a una diminuzione del 70% dell’intensità di frodi scientifiche. Se ancora oggi il numero assoluto di casi di misconduct è elevato, è perché è aumentato il numero di ricercatori cinesi (passati da 400.000 a 1.500.000 negli ultimi venti anni) ed è aumentato il numero di articoli firmati da ricercatori cinesi: da poco più di 20.000 nel 1999 a quasi 200.000 nel 2012.
La Cina investe sempre di più in ricerca scientifica. Sono oltre venti anni che gli investimenti cinesi in R&S crescono al ritmo, medio, del 20% annuo. E proprio in ottobre il governo cinese ha annunciato, con soddisfazione, che ormai questi investimenti ammontano al 2,0% del Prodotto interno lordo. In altre parole, la Cina ha superato l’Europa anche per intensità di investimenti. E ora minaccia la performance americana. Pechino è intenzionata a raggiungere il 3,0% di investimenti in R&S entro il 2020. Nelle scorse settimane, il rapporto Global Innovation 1000 documentava l’accelerazione dell’industria cinese, i cui investimenti in R&S, nel 2013, sono aumentati del 35,8%, contro il 4,5% dell’Europa e l’8,5% del Nord America. Negli ultimi cinque anni la fetta cinese nella torta mondiale degli investimenti industriali in R&S è passata dallo 0,4% (anno 2008) al 3,2% (anno 2013). Tra le 1.000 aziende che investono di più al mondo, quelle cinesi sono ormai 75. Erano 50 nel 2012. Tutti questi dati ci dicono che la Cina intende trasformarsi velocemente sia in uno dei poli della ricerca scientifica di base sia in un’economia fondata sulla conoscenza. E che il tentativo, gigantesco, è supportato da una politica organica e coerente.
(Fonte: P. Greco, Roars 19-02-2014)