Home 2014 12 gennaio VARIE CULTURA UMANISTICA E CRESCITA ECONOMICA
CULTURA UMANISTICA E CRESCITA ECONOMICA PDF Stampa E-mail

Malgrado recenti studi di storia industriale si propongano di dimostrare quanto possano essere feconde le collaborazioni istituzionali tra ingegni diversi (e di diversa competenza), il rapporto tra cultura umanistica e crescita economica non è accertato. Un economista e premio Nobel come Edmund Phelps si è molto speso recentemente per dimostrare che l’umanesimo quattrocentesco è alle origini del “vitalismo” paleocapitalistico o del “dinamismo”. Ma non è chiaro il modo in cui il “capitale umano” (anziché una severa organizzazione aziendale, poniamo) possa contribuire allo “sviluppo” economico di un paese. Non è prevedibile che l’interesse sociale o il consenso istituzionale per le Humanities cresca nell’immediato futuro, al contrario: il settore tecnologico continuerà a offrire allettanti e indiscutibili opportunità professionali alle giovani generazioni. Queste sembrano dibattersi tra istituzioni educative “vecchie” e “nuove” non di rado conflittuali. Le istituzioni dedicate allo studio dei “classici” e al potenziamento della memoria si sforzano di ingaggiarli nell’apprendimento di lingue, tradizioni e vicende avvertite come sempre più remote, fatalmente disallineate dal corso della storia. Le “nuove” agenzie formative, riconducibili al mondo dell’intrattenimento di massa e dell’innovazione digitale, li persuadono ogni giorno di più che l’eccesso di memoria è un fardello inutile e retrivo nel contesto di un mondo in vertiginosa trasformazione. Le retoriche identitarie non funzionano (oltre a essere storicamente e demograficamente inattendibili): hanno contro l’annientamento delle tradizionali gerarchie culturali nel flusso indifferenziato dei consumi e l’enorme domanda di competenze tecnologiche, post- o antistoriche.
(Fonte: M. Dantini, Roars 28-12-2013)