Home 2013 6 Maggio RICERCA E RICERCATORI DOTTORATO DI RICERCA. PIÜ COLLABORAZIONE TRA ATENEI E CON LE IMPRESE
DOTTORATO DI RICERCA. PIÜ COLLABORAZIONE TRA ATENEI E CON LE IMPRESE PDF Stampa E-mail

Il decreto sul dottorato di ricerca (Dm 94/2013), di prossima pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, è stato modificato molte volte prima di arrivare al testo definitivo. Una vera tela di Penelope fatta e disfatta sotto la pressione di lobby e di interessi divergenti. Non deve sorprendere: il dottorato di ricerca ha quasi trent'anni e ancora questo Paese non sa bene cosa farsene. Il modo in cui il nostro sistema ha fatto uso dello strumento del dottorato fin dalla sua implementazione (Dpr 382/1982) dovrebbe essere oggetto di studio politico-antropologico visto come l'Italia, Paese a economia avanzata, ha con leggerezza rinunciato sul nascere a una delle maggiori potenzialità di sviluppo e di crescita per il proprio sistema produttivo e culturale. L'errore iniziale? Fare le pentole e non fare i coperchi. Senza strategie per gli sbocchi professionali e senza misure di accompagnamento per l'inserimento nel sistema produttivo o nel pubblico impiego, si è fatto sì che l'accademia percepisse il dottorato più come anticamera alla carriera universitaria che come un modo per preparare giovani a concepire e condurre autonomamente progetti di ricerca. Una sorta di surrettizio periodo di prova che si è trasformato rapidamente in "status symbol" di discipline universitarie, senza ragionamenti sugli sbocchi professionali. Tutto sbagliato? Ovviamente no: in moltissime università il dottorato ha funzionato ottimamente formando alla ricerca tanti dei nostri migliori studiosi e scienziati (salvo poi regalarne molti ad altri Paesi). Se vogliamo recuperare il terreno perso e offrire maggiori opportunità al sistema Paese, l'Università deve ragionare sulla offerta formativa di terzo livello, ridurre l’età di fine studi e adoperarsi per accrescere la visibilità del dottorato al fine di far comprendere l'utilità sociale delle ricerche che vengono portate avanti nei suoi laboratori e nelle sue biblioteche. Deve anche integrare la formazione dei dottori di ricerca con elementi trasversali (comunicazione, lingue, struttura d'impresa, proprietà intellettuale eccetera) che consentano loro di dialogare con il mondo del lavoro. Meglio ancora se riesce anche a metterli in condizione di operare un po' fianco a fianco scambiando conoscenze vuoi che siano matematici, chimici, psicologi, storici, o ingegneri, biologi, o filosofi... Oggi occorre contaminazione. Le nuove idee spesso nascono all'incrocio delle discipline.
E le imprese? C’è coscienza della estrema necessita di un'accelerazione. Questa accelerazione può avvenire investendo sui ricercatori oppure convergendo su centri di ricerca industriale e parchi e reti tecnologiche e sociali e culturali dove immettere ricercatori e studiosi "freschi".
Il Dm sul dottorato ha tanti limiti ma consente, inter alia, attività dottorale per sviluppare progetti congiunti tra università e università, tra università e centri di ricerca, tra università e imprese. Lo strumento dell'alto apprendistato adottato in diverse regioni può agire da facilitatore. E un'ottima occasione. Bisogna superare prevenzioni e persino qualche persistente barriera ideologica. Università e mondo produttivo ed enti pubblici e privati possono, attraverso il dottorato di ricerca, sviluppare da subito in Italia una knowledge innovation community che ci consenta di rimanere competitivi e di offrire nuove opportunità professionali ai nostri giovani.
(Fonte: D. Braga, IlSole24Ore 29-04-2013)