Home 2013 11 febbraio 11 Febbraio CORSI DI STUDIO E ATENEI. PUNTI CRITICI DEL DM VALUTAZIONE E ACCREDITAMENTO
CORSI DI STUDIO E ATENEI. PUNTI CRITICI DEL DM VALUTAZIONE E ACCREDITAMENTO PDF Stampa E-mail

Il D.M. 47 (Decreto autovalutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e valutazione periodica) del 30-01-2013 recepisce il documento sull’Autovalutazione, Valutazione periodica e Accreditamento (A.V.A.) di sedi universitarie e corsi di studio, diffuso dal ANVUR nel luglio scorso.
Qui si tenta una sintesi dei punti critici del D.M. evidenziati da roars, al cui articolo rimando per i dettagli dell’ostica e secondo alcuni astratta materia.

Numerosità degli studenti. Sin dal D.M. 17/2010 (Requisiti necessari dei corsi di studio) ogni corso di laurea può immatricolare solo un certo numero di studenti. Per accettare più studenti del massimo sono richiesti docenti supplementari. Ad esempio: per attivare una triennale sono richiesti 12 docenti, per una magistrale 8. Con quei docenti si possono accettare studenti fino a una certa numerosità massima, che dipende dalla classe del corso: ad esempio per Fisica, 75 studenti alla triennale e 60 alla magistrale; a Economia, rispettivamente 230 e 100. Leggendo il decreto AVA si scopre però che la formula è cambiata. W (= [(studenti immatricolati)/(numerosità massima)] – 1) è sempre lo stesso, ma si usa così: Dtot = Dr x (1+ W). Riguardo a questa formula, Dr è il numero di docenti richiesto per avviare il corso di laurea. Vale 12 per le lauree triennali, 8 per le magistrali e 20 per le quinquennali a ciclo unico. Quindi, per avere il doppio degli studenti ora serve il doppio dei docenti. Se prima raddoppiare Fisica richiedeva 35 docenti, ora ne richiede 40, quasi il 15% in più rispetto al D.M. 17.

La didattica assistita (DID). Con il decreto AVA fa il suo esordio una nuova classificazione della didattica: la didattica assistita. Secondo il decreto: “Tutte le forme di didattica diverse dallo studio individuale erogabile.” Più precisamente: “La didattica assistita erogata è sempre espressa in termini di ore, includendo oltre alle ore riguardanti le lezioni frontali anche quelle riservate a esercitazioni, laboratori, altre attività (incluse le ore dedicate alle “repliche” di queste attività formative rivolte a piccoli gruppi di studenti)”. L’idea del decreto è che per assicurare la qualità si debba porre un limite alle ore di didattica assistita introducendo per ogni ateneo una “quantità massima di didattica assistita”. Usando i valori massimi previsti nel D.M. per i parametri che “traducono” i docenti in ore di didattica, la formula che serve a calcolare la didattica assistita (DID) di un ateneo è questa: Didattica assistita (DID) = (120 x Nprof + 90 x Npdf +60 x Nric) x (1 +0.30).
Dipende unicamente dall’organico: professori, a tempo pieno (Nprof) e definito (Npdf) e ricercatori (Nric), inclusi quelli a tempo determinato. L’ultimo parametro riguarda la didattica a contratto, al massimo il 30% del totale, con qualche esclusione rilevante. Il calcolo di questo parametro è importante, perché “nel caso in cui, in fase di presentazione della SUA-CdS [Scheda Unica Annuale relativa ai Corsi di Studio, da presentare il 4 marzo], siano superati i limiti di ore erogabili, la sede e i relativi Corsi di Studio non otterranno l’Accreditamento Iniziale”.
Come già per la numerosità, manca nel decreto una qualsiasi giustificazione teorica che leghi la formuletta alla qualità della didattica. La scelta del numero 120 crea problemi: in molti atenei questo massimo corrisponde esattamente al minimo di ore di didattica frontale che ciascun professore deve tenere (il numero 120 deriva dall’art. 1 comma 16 della legge Moratti, che fissa l’impegno minimo didattico per il rapporto a tempo pieno in “non meno di 350 ore annue di didattica, di cui 120 di didattica frontale”). Per rispettare contemporaneamente il limite massimo di DID e il numero minimo di ore di didattica ciascun professore deve quindi erogare esattamente 120 ore di didattica, né una di più né una di meno. Seguendo la lettera del decreto non è chiaro se dovranno essere ridefiniti gli impegni didattici dei docenti spesso superiori alle 120 ore.

Didattica e ricerca. Il D.M. 47 del 30/1/2013 applica un fattore K a questo DID: DID (r) = DID x Kr, producendo “la quantità massima di didattica assistita erogabile corretta in funzione della qualità della ricerca“. Il fattore K (che varia fra 1 e 1.20) dipende dal risultato dell’ateneo nella VQR, cioè nella valutazione della ricerca e della capacità di raccogliere denaro (chiamata “terza missione”) dei nostri dipartimenti. La VQR è riferita a un decennio prima dell’offerta formativa in discussione: il risultato del periodo 2004-2010 determina l’offerta formativa del 2013-2018. Inoltre, ammesso e non concesso che la VQR sia qualcosa di correlato con la nostra capacità di fare ricerca, la norma implica che se non sai fare ricerca allora non sai neanche fare didattica. Vale la pena notare che nel RAE inglese a chi fa poca ricerca, viene al contrario attribuito un maggiore carico didattico.
Inoltre, l’accreditamento iniziale è concesso a partire dal valore base di DID, e non di DID(r) incrementato per la qualità di ricerca. Peraltro, l’ANVUR ha tempo fino al 30 giugno 2013 per pubblicare i risultati della VQR: quindi ad oggi il fattore K è sconosciuto e qualunque seria programmazione è impossibile.

Effetti futuri. L’AVA si ripete ogni 5 anni, quindi il profilo temporale conta poco (anche se il Nucleo di Valutazione è chiamato con la sua attività annuale di sorveglianza a monitorare la persistenza dei requisiti quantitativi e qualitativi), ma dà l’idea degli effetti che si cumuleranno verso il 2018. La prossima tornata di accreditamento vedrà, infatti, dispiegarsi gli effetti di un ulteriore problema: nei prossimi 5 anni arriverà al pensionamento il grande picco di professori entrati con l’ope legis del 1980. A quel punto si assisterà a un crollo verticale del numero dei professori, che si ripercuoterà sulla formula DID e quindi sulla quantità dell’offerta didattica degli atenei.

Università non statali. Le università non statali possono – in quanto tali – non sottostare ai vincoli sulla didattica massima erogabile. Solo le università statali devono chiudere i loro corsi di studio per continuare ad operare, nel caso non rispettino la magica formula per il calcolo dell’indicatore DID di cui all’allegato B, punto (b) del citato D.M. 47. Non solo: anche i requisiti di docenza richiesti alle università private sono più bassi (del 25%) di quelli delle università pubbliche.
(Fonte: G. Antoniciello, A. Ferretti e L. Pacelli, roars.it 06-02-2013)