Autore: Simone Colapietra. Editore Cerebro, pp. 84. L’autore, un giovane ventunenne, così presenta il suo lavoro: “Credo che il titolo di questo libro renda bene l’idea di ciò che voglio trasmettere. È rivolto principalmente ai giovani, universitari e non, perché l’università è una cosa che riguarda loro da vicino. Naturalmente destinatari sono anche i docenti universitari e scolastici, affinché possano capire il punto di vista di chi si trova dall’altra parte della cattedra. In ogni caso è un argomento che può riguardare chiunque, perché l’università è patrimonio comune. Per la gran parte dei giovani l’università è diventata una tappa obbligatoria, quella che io oso chiamare “università forzosa”. L’idea odierna è che senza università non si trovi lavoro. Io con questo libro oltre a voler seviziare il fallito sistema universitario italiano voglio dimostrare il contrario: l’università in alcuni casi è del tutto inutile, spesso controproducente per la ricerca di un lavoro”. Il redattore di queste INFO non condivide il titolo del libro e gran parte dei suoi contenuti, ma ugualmente ritiene corretto darne notizia riportando anche la seguente recensione di un giornalista, anch’essa in parte non condivisa dallo stesso redattore. “L’autore ha perfettamente focalizzato e compreso i punti deboli del nostro sistema accademico, a suo dire «fallito». Imponendo la contrazione in tre anni di ciò che una volta si faceva in cinque, la 3+2 ha creato una pletora di "dottori" che possono aspirare a mansioni che vent'anni fa erano svolte da chi aveva la terza media, e dieci anni fa il diploma. E che naturalmente non intendono svolgere perché Berlinguer ha dato loro la patacca di "dottori". Purtroppo, quanto appena detto non è la cosa più grave. Che invece è quel che segue. Ciò che patacca è per il mondo del lavoro, patacca resta nell’ambito accademico: chi si accinge ad affrontare gli studi della parte +2, non è neanche pallidamente commensurabile con gli studenti degli ultimi 2 anni di una volta, per la semplice ragione che è privo di quelle solide basi che il triennio precedente, per suoi propri scopo e struttura, non ha voluto - né avrebbe potuto - fornire. Di conseguenza, i corsi del +2 specialistico - argomenta il giovane Simone - «non hanno alcunché di specialistico e sono un rimpasto di quelli già studiati nel triennio». Il secondo obiettivo, quello della piaga dei fuori-corso, non è stato minimamente sfiorato dalla riforma del 3+2. La piaga non sarà mai sanata perché siamo vittime del Sessantotto, e mai si attuerà l'unica cosa che garantirebbe la definitiva rimarginazione di quella piaga. Intendo l'abolizione delle sessioni d'esame multiple e - come si fa in tutto il mondo - l'istituzione dell'esame unico alla fine di ogni corso. I voti saranno distribuiti come si aspetterebbe chiunque abbia elementari nozioni di statistica: pochissimi non superano l'esame, pochi col minimo dei voti, pochi col massimo, pochissimi con lode e i più nel mezzo. Gli appelli d'esame multipli implicano gli esami-lotteria, che si sostengono tante volte finché non si consegue un voto alto, garanzia del futuro 110: come lanciare un dado tante volte finché non esce 6. L'università sta così tradendo se stessa, gli studenti, e il Paese non solo sulla formazione dei giovani, ma anche sulla certificazione, svalutata e non credibile, della avvenuta formazione” (Fonte: F. Battaglia, Il Giornale 11-12-2012)
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