Home 2012 31 Dicembre IL FALLIMENTO DELL'UNIVERSITÀ ITALIANA
IL FALLIMENTO DELL'UNIVERSITÀ ITALIANA PDF Stampa E-mail

Autore: Simone Colapietra. Editore Cerebro, pp. 84. L’autore, un giovane ventunenne, così presenta il suo lavoro: “Credo che il titolo di questo libro renda bene l’idea di ciò che voglio trasmettere. È rivolto principalmente ai giovani, universitari e non, perché l’università è una cosa che riguarda loro da vicino. Naturalmente destinatari sono anche i docenti universitari e scolastici, affinché possano capire il punto di vista di chi si trova dall’altra parte della cattedra. In ogni caso è un argomento che può riguardare chiunque, perché l’università è patrimonio comune. Per la gran parte dei giovani l’università è diventata una tappa obbligatoria, quella che io oso chiamare “università forzosa”. L’idea odierna è che senza università non si trovi lavoro. Io con questo libro oltre a voler seviziare il fallito sistema universitario italiano voglio dimostrare il contrario: l’università in alcuni casi è del tutto inutile, spesso controproducente per la ricerca di un lavoro”.
Il redattore di queste INFO non condivide il  titolo del libro e gran parte dei suoi contenuti, ma ugualmente ritiene corretto darne notizia riportando anche la seguente recensione di un giornalista, anch’essa in parte non condivisa dallo stesso redattore
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“L’autore ha perfettamente focalizzato e compreso i punti deboli del nostro sistema accademico, a suo dire «fallito». Imponendo la contrazione in tre anni di ciò che una volta si faceva in cinque, la 3+2 ha creato una pletora di "dottori" che possono aspirare a mansioni che vent'anni fa erano svolte da chi aveva la terza media, e dieci anni fa il diploma. E che naturalmente non intendono svolgere perché Berlinguer ha dato loro la patacca di "dottori". Purtroppo, quanto appena detto non è la cosa più grave. Che invece è quel che segue. Ciò che patacca è per il mondo del lavoro, patacca resta nell’ambito accademico: chi si accinge ad affrontare gli studi della parte +2, non è neanche pallidamente commensurabile con gli studenti degli ultimi 2 anni di una volta, per la semplice ragione che è privo di quelle solide basi che il triennio precedente, per suoi propri scopo e struttura, non ha voluto - né avrebbe potuto - fornire. Di conseguenza, i corsi del +2 specialistico - argomenta il giovane Simone - «non hanno alcunché di specialistico e sono un rimpasto di quelli già studiati nel triennio». Il secondo obiettivo, quello della piaga dei fuori-corso, non è stato minimamente sfiorato dalla riforma del 3+2. La piaga non sarà mai sanata perché siamo vittime del Sessantotto, e mai si attuerà l'unica cosa che garantirebbe la definitiva rimarginazione di quella piaga. Intendo l'abolizione delle sessioni d'esame multiple e - come si fa in tutto il mondo - l'istituzione dell'esame unico alla fine di ogni corso. I voti saranno distribuiti come si aspetterebbe chiunque abbia elementari nozioni di statistica: pochissimi non superano l'esame, pochi col minimo dei voti, pochi col massimo, pochissimi con lode e i più nel mezzo. Gli appelli d'esame multipli implicano gli esami-lotteria, che si sostengono tante volte finché non si consegue un voto alto, garanzia del futuro 110: come lanciare un dado tante volte finché non esce 6. L'università sta così tradendo se stessa, gli studenti, e il Paese non solo sulla formazione dei giovani, ma anche sulla certificazione, svalutata e non credibile, della avvenuta formazione”
(Fonte: F. Battaglia, Il Giornale 11-12-2012)