Home 2012 10 Dicembre L’INTERNAZIONALIZZAZIONE ATTRAVERSO LA MOBILITÀ DEI RICERCATORI FATTORE CRITICO DI SUCCESSO
L’INTERNAZIONALIZZAZIONE ATTRAVERSO LA MOBILITÀ DEI RICERCATORI FATTORE CRITICO DI SUCCESSO PDF Stampa E-mail

Un’analisi di Elsevier sui cosiddetti fenomeni di “brain circulation” in Italia, nel periodo 1996 – 2011 sulla base dati Scopus, restituisce un’immagine più complessa dei flussi migratori dei ricercatori da e verso l’Italia, rispetto al consueto cliché della “fuga di cervelli”. Questa analisi, presentata in occasione del “National Research Policy Forum” dal titolo “Directing and Driving Research Excellence”, organizzato da Elsevier in collaborazione con il CNR, “insegue” i ricercatori nei loro spostamenti analizzando le affiliazioni che hanno utilizzato nel firmare i propri articoli scientifici. L’Italia riesce ad attrarre ricercatori altamente qualificati, sia per brevi sia per lunghi periodi. I dati raccolti da Elsevier non confermano la cosiddetta “fuga dei cervelli”, sicuramente non di quelli più brillanti o produttivi, piuttosto il contrario. L’analisi individua diverse categorie di ricercatori. Gli “stanziali”, che hanno pubblicato esclusivamente con istituzioni italiane. I “migratori”, che hanno lavorato e pubblicato all’estero per almeno due anni o che si sono definitivamente stabiliti fuori dai confini nazionali. I “visitatori”, ossia chi ha fatto ricerca per meno di due anni in nazioni diverse da quella in cui hanno operato prevalentemente. Per ciascuna categoria sono misurati i seguenti indicatori: la produttività, in termini di numero di articoli per anno, relativo all’intero gruppo di ricercatori esaminati; l’anzianità professionale media, ossia il numero di anni trascorso tra la prima e ultima pubblicazione, relativa all’intero gruppo di ricercatori; l’impatto scientifico, in termini di numero medio di citazioni ricevute dai propri articoli. I risultati sono molto interessanti:
per Il 58% i ricercatori sono “stanziali”; per il 5,1% sono emigrati definitivamente dall’Italia; per il 4,3% sono immigrati stabilmente in Italia; per il 32,6% sono ricercatori visitatori, comprendendo in questo gruppo sia coloro che sono prevalentemente attivi in Italia e per meno di due anni hanno pubblicato con istituzioni internazionali, sia coloro che sono prevalentemente attivi all’estero ed hanno pubblicato con istituzioni italiane per meno di due anni.
Gli “stanziali” presentano di gran lunga la più bassa produttività e impatto scientifico. Anche l’anzianità professionale misurata è inferiore a quella di tutti gli altri gruppi.
I “visitatori” hanno la produttività e l’impatto più alti in assoluto, mentre sono al secondo posto come anzianità professionale media.
Gli “immigrati” presentano una produttività molto alta (la seconda in assoluto), un impatto scientifico analogo a quello degli “emigrati” ma l’anzianità professionale media più alta di tutti i gruppi.
In conclusione. La maggior parte dei ricercatori non si muove dall’Italia. Il saldo dei flussi migratori è leggermente negativo, ma i nostri atenei e istituti di ricerca hanno ancora la capacità di attrarre ricercatori dall’estero. L’internazionalizzazione della ricerca, che in gran parte si realizza attraverso la mobilità dei ricercatori, è un fattore critico di successo per la ricerca scientifica, sia in termini di produttività sia di qualità.
(Fonte: gravita-zero.org 18-11-2012)