Home 2012 10 Dicembre FINANZIAMENTI E MERITOCRAZIA
FINANZIAMENTI E MERITOCRAZIA PDF Stampa E-mail

Laurea eccellente, stage all'estero, dottorato, assegno di ricerca, pubblicazioni internazionali che inorgogliscono: tutto vano se dopo un percorso di precariato, che dura caparbiamente e con grandi sacrifici 4-5 se non 8-10 anni, alla fine non c'è nulla. Nulla vuol dire proprio nulla, o un altro anno di precariato. I migliori, specie se formati in una logica di competitività internazionale, sono catturati dalla concorrenza estera, laddove vi sono per la ricerca risorse doppie rispetto a quelle italiane, con il salario di un ricercatore francese, tedesco, olandese al livello iniziale che è superiore a quello di un professore associato in Italia.
Una generazione, dunque, che si sta perdendo. Un danno per l'Italia, immenso, messo in evidenza confrontando i dati su finanziamenti, numero dei ricercatori e retribuzione nei Paesi europei di dimensioni simili alle nostre: finanziamenti e numero di ricercatori pari al 40% in meno rispetto ai grandi Paesi europei. Pochi fondi alla ricerca? Come meravigliarsi se poi l'Italia è l'unico grande Paese con saldo fortemente negativo (-12%) nella mobilità dei ricercatori, attratti negli Stati Uniti, in Svizzera, in Inghilterra, in Francia? Un bel regalo alla concorrenza estera. Non bisogna tuttavia rassegnarsi e ognuno di noi deve chiedersi, partendo dal ruolo che ricopre, che cosa può e deve fare. Il sistema universitario italiano solo ora e con molte resistenze sta definendo in termini oggettivi il "merito scientifico". Se non si declina in termini internazionali il merito, tutto e tutti sono uniformati a un egualitarismo di mediocrità, il che è l'opposto di una giusta meritocrazia. Nel contesto internazionale solo il vaglio da parte della comunità scientifica - per esempio le citazioni del risultato, che così è stato controllato - permette di ritenere che una ricerca costituisca un passo avanti nella conoscenza.
(Fonte: L. Frati, IlSole24Ore 02-12-2012)