Home 2012 18 Novembre RICERCA. MOLTA SCIENZA NON RIPRODUCIBILE ANCHE SU RIVISTE PRESTIGIOSE
RICERCA. MOLTA SCIENZA NON RIPRODUCIBILE ANCHE SU RIVISTE PRESTIGIOSE PDF Stampa E-mail

Il metodo sperimentale non ha guadagnato in solidità: a quanto pare, le riviste più prestigiose, quelle che selezionano con parsimonia e severità le ricerche da pubblicare, pullulano di scienza non riproducibile. Non è cosa da poco, perché la riproducibilità dell’esperimento è uno dei fondamenti del metodo galileiano. Ripetere un esperimento e trovarne l’errore permette alla comunità scientifica di filtrare la buona scienza da quella cattiva. Nella realtà le cose vanno diversamente, come ha denunciato su Nature Glenn Begley, ex-direttore della ricerca sul cancro presso la casa farmaceutica statunitense Amgen. Su 53 esperimenti selezionati in un decennio dal suo gruppo in vista di eventuali applicazioni farmaceutiche, solo in 6 casi è stato possibile confermare i risultati dichiarati dai ricercatori. Sempre su Nature, ma un anno prima, i laboratori della Bayer avevano raccontato un’esperienza analoga: i tre quarti delle sperimentazioni descritte sulle principali riviste scientifiche non sono risultate riproducibili. E per fugare il dubbio che sia una patologia riservata alle scienze mediche, ci soccorre la collezione di casi raccolta dal fisico Stefano Ossicini dell’università di Modena, nel suo recente “L’universo è fatto di storie, non solo di atomi” (ed. Neri Pozza): truffe ed errori rintracciati persino nelle scienze “dure” per eccellenza, come la fisica e la chimica. Bene, si dirà: significa che la cattiva scienza prima o poi viene a galla? Mica tanto. Come osserva lo stesso Ossicini, i meccanismi di controllo stentano a tenere il passo di un sistema di ricerca in espansione a livello internazionale, in cui cresce il numero di ricercatori ed esperimenti ma anche degli interessi economici e dei relativi conflitti. Chi lavora in un’azienda farmaceutica non segnalerà le ricerche irriproducibili, dopo aver sprecato tanto tempo al loro inseguimento: lascerà che ci sbattano il muso anche i concorrenti. Nemmeno le università rappresentano un efficace fact-checker, perché la ripetizione delle scoperte altrui non frutta pubblicazioni né finanziamenti. Dunque, ricerche scadenti continuano a condizionare carriere e denari. C’è chi corre ai ripari: la Science Exchange, una dotcom della Silicon Valley, propone ai ricercatori di certificare la riproducibilità degli esperimenti grazie a una rete di esperti disposti a fare da esaminatori. Questo marchio di qualità, come ogni servizio, si pagherà. In cambio, la maggiore affidabilità attrarrà investitori pubblici e privati, favorevoli a puntare su linee di ricerca di origine controllata.
(Fonte: A. Capocci, roars 28-10-2012)