Home 2012 18 Novembre PROFESSORI E RICERCATORI. PROGRESSIVO RIDIMENSIONAMENTO DELL’ORGANICO
PROFESSORI E RICERCATORI. PROGRESSIVO RIDIMENSIONAMENTO DELL’ORGANICO PDF Stampa E-mail

Rispetto al 31 dicembre 2008, quando i 62.768 docenti e ricercatori italiani toccarono il massimo della curva storica del professorato italiano, il loro numero si è a oggi ridotto del 10,4%. Guardiamo, infatti, ai dati di fonte OCSE. Tra il 2007 e il 2010, a fronte di tassi percentuali di crescita del corpo docente (full time equivalent) di oltre il 18 in Germania, del 14,4 in Olanda, del 5,5 in Spagna e del 2,5 in Francia, in Italia la variazione è stata dell’1,6; tra il 2009 e il 2010 si è avuto addirittura un decremento: -3,8%. Nel complesso del sistema universitario Italiano, il saldo tra le uscite e le entrate di docenti è consistito in una riduzione di 4.200 unità. Persino in Spagna, dove la crisi morde più che da noi, nel 2010 sono stati assunti oltre 2.000 docenti. Per tacere della Turchia dove nel corso del 2010 hanno preso servizio 4.900 docenti o della Polonia dove i nuovi assunti sono stati 1.385.
Se guardiamo al rapporto docenti-studenti, nel 2010, contro una media OCSE di 15,5 studenti per docente, in Italia per ogni docente ci sono, in media, 18,7 studenti. Tra i Paesi OCSE e gli altri G20 fanno peggio di noi solo Indonesia, Sud Africa, Belgio, Slovenia e Repubblica Ceca, i quali Paesi, tuttavia, hanno in genere imboccato con decisione la strada dell’investimento nel personale: +6% il Belgio, +3% la Slovenia, + 1% la Repubblica Ceca.
La percentuale di diplomati che s’iscrive all’Università è scesa di quasi il 10% negli ultimi dieci anni ed è tornata quella di 30 anni fa.
Saranno sempre meno i giovani ad aspirare a una carriera universitaria. Le regole complesse e farraginose per i nuovi ricercatori di tipo B, il sostanziale blocco della carriera a livello di associato, l’inadeguatezza della remunerazione rispetto a un impegno didattico continuamente crescente, il blocco degli stipendi – attivo ormai da tre anni e previsto ancora per gli anni a venire -, la burocratizzazione dell’attività, hanno ormai tolto gran parte dell’attrattiva del lavoro universitario. Né ci si può attendere che le nuove abilitazioni mutino il quadro. L’abilitazione nazionale è stata, di fatto, pensata per i docenti già presenti negli atenei, e pertanto si risolverà in uno spostamento interno di posizione tra strutturati. Tra i nuovi abilitati, poi, solo gli associati avranno qualche probabilità di “essere chiamati” da una sede. Grazie ai circa 280 milioni di euro del fondo straordinario a loro dedicato, si calcola, infatti, che le Università potranno consentire l’upgrade di almeno 11.000 ricercatori, compresi i 650 idonei del concorso 2008 non ancora assunti.
La contrazione dell’FFO e delle percentuali di turnover, già risicate per la maggior parte delle sedi (10% del totale) e che sono state abbattute ulteriormente dalla spending review che pone un limite di sistema al 20%, assieme ai vincoli alla composizione del corpo docente, renderà praticamente impossibile per moltissime sedi chiamare per molti anni professori ordinari. Per alcune sedi – di norma quelle che negli anni precedenti erano già bloccate e che pertanto, alcune addirittura dal 2009, non hanno potuto far prendere servizio ai docenti idonei – il turnover sarà inferiore al 5%. L’ordinario, il cui costo “figurativo” è più elevato (1 punto organico), ha bassissime chance di prendere servizio. I vincoli all’utilizzo delle risorse, infatti, più che settuplicano il costo figurativo per i docenti interni e più che raddoppiano quello degli esterni. Inoltre 450 idonei ordinari, vincitori della tornata concorsuale del 2008, rischiano di veder scadere la loro idoneità. Ci sono infine i “ricercatori fantasma”, cioè giovani (o ormai ex-giovani, considerati i tempi della loro attesa) i cui concorsi sono stati banditi dalle università quando non erano soggette al blocco delle assunzioni e avevano accantonato le risorse per le nuove assunzioni. In alcune sedi questi ricercatori attendono di prendere servizio dal 2005. Sono poco più di 100 in tutta Italia, la maggior parte dei quali nel centro-sud.
(Fonte: A. S. Bergantino e A. Zannin, roars 30-10-2012)