Home 2012 18 Novembre BRAIN DRAIN. ALL'ESTERO CIRCA IL 14% DELLA COMUNITÀ SCIENTIFICA ITALIANA. LE RAGIONI DELL’ESODO
BRAIN DRAIN. ALL'ESTERO CIRCA IL 14% DELLA COMUNITÀ SCIENTIFICA ITALIANA. LE RAGIONI DELL’ESODO PDF Stampa E-mail

La rivista Nature ha pubblicato di recente la mappa della mobilità scientifica internazionale. L'Italia si conferma Paese di cervelli che emigrano. E' dalle regioni del Sud che arriva una parte consistente di questa forza lavoro molto qualificata. Nature ha intervistato un campione di oltre 2000 scienziati di tutto il mondo, tra ricercatori e docenti universitari, e tra questi oltre cento italiani. E’ straniero appena il 3% degli scienziati che lavorano in Italia. Una comunità scientifica molto chiusa, la nostra: tra le nazioni considerate dal report, peggio riesce a fare solo l'India (altra grande esportatrice di “cervelli”), con una presenza straniera ancora più bassa. Nella vicina e attrattiva Svizzera, quasi il 60% degli scienziati è straniero, in Francia sono il 17%. Al contrario, gli scienziati italiani emigrati sono presenti un po' dappertutto: le patrie adottive, per i nostri uomini e donne di scienza, sono soprattutto il Regno Unito (10% di italiani tra gli scienziati), l'Olanda (13%), la Francia (qui gli italiani sono di casa, fino a coprire il 14% della presenza straniera), e Spagna (10%). Così si stima che, in totale, risieda all'estero circa il 14% della comunità scientifica italiana. E' importante – sottolineano, infatti, gli autori dello studio - che i ricercatori arricchiscano la propria professionalità lavorando all'estero: il problema è che, una volta partiti, molto spesso i nostri “cervelli in fuga” non tornano più. E d'altronde, tra gli studiosi stranieri, sono pochi quelli che amerebbero trasferirsi dalle nostre parti. Infatti, tra le motivazioni citate dagli scienziati per spiegare la propria scelta di cambiare nazione, c'è la spinta a trovare «una posizione più specifica», «un laboratorio più appropriato per i propri interessi di ricerca», «un salario più alto», «una migliore formazione»: tutti vantaggi che l'Italia, evidentemente, appare poco idonea a offrire. I risultati di Nature, ovviamente, non tengono conto delle migrazioni interne all'Italia, che hanno quasi sempre, come si sa, la bussola puntata verso Nord. In un lavoro del 2009 curato dal sociologo calabrese Francesco Maria Pezzulli, intitolato “In fuga dal Sud” (Bevivino editore) sono stati intervistati circa 500 ricercatori meridionali che hanno lasciato il Mezzogiorno alla volta del Centro-Nord Italia o di nazioni straniere. Alla domanda «Perché hai scelto di trasferirti?», le risposte, per quasi il 40% dei casi, hanno citato la «mancanza di valorizzazione professionale», ma anche (35%) il «mercato del lavoro clientelare», e, non per ultima, «la carenza di cultura d'impresa e di valori imprenditoriali». I protagonisti della ricerca lamentano la «mancanza della cultura del merito» e «la necessità, per fare carriera, di affiliarsi a un network locale di influenza».
(Fonte: ilmediano.it 01-11-2012)