Home 2012 23 Agosto ABILITAZIONE SCIENTIFICA E CONCORSI LOCALI. MOLTI GLI ELETTI POCHI I CHIAMATI
ABILITAZIONE SCIENTIFICA E CONCORSI LOCALI. MOLTI GLI ELETTI POCHI I CHIAMATI PDF Stampa E-mail

Benché ormai da qualche tempo i concorsi tendano ad avere un seguito «giudiziario», nella fase attuale si preannuncia una straordinaria, e per l’innanzi mai conosciuta, stagione di contenzioso, che attinge perfino il livello della verifica della compatibilità costituzionale, e tocca ogni fase del processo: definizione dei criteri, ranking delle riviste, bandi per il reclutamento dei commissari, bandi per l’attribuzione delle idoneità, e poi eventuali atti di nomina, chiamate, ecc. Ora, se la missione dei regolatori è quella di prevenire e comporre il conflitto, conseguendo obiettivi conformi al principio di «buon andamento» dell’amministrazione, quanto sta già avvenendo e quanto si preannuncia manifesta subito un inedito difetto di performance. Una grande questione deriva dalla logica posta a base dei criteri di valutazione: si è ritenuto di predefinire standard di tipo pressoché esclusivamente quantitativo, irrigiditi nella loro bronzea fissità. Si è poi stabilito che, in sostanza, solo gli articoli pubblicati, nei dieci anni precedenti, in riviste classificate oggi in fascia “A” sono spendibili nel concorso. È rimarchevole che abbia suscitato qualche sorpresa e qualche contrarietà la decisione del direttivo dell’Associazione italiana dei costituzionalisti di presentare in proposito ricorso al giudice amministrativo prospettando la violazione, per il carattere retroattivo del criterio, dei principi di eguaglianza-ragionevolezza e di affidamento. In tempo di Internet un certo orientamento alla produzione ipertrofica ma di bassa qualità si è accentuato. Oggi è relativamente facile assemblare materiali attinti alla “rete”, costruendo prodotti rigonfi di dati di seconda mano e di descrizioni, spesso anche assai ponderosi: non di plagio si tratta, beninteso (almeno, quasi mai), ma di parafrasi di idee consolidate, talvolta intrise di pregiudizi e non comprovate, sostanzialmente inutili nel progresso della conoscenza scientifica. E, con l’impiego degli stessi mezzi, un altro fenomeno già si produce, indotto dalla presa d’atto del metodo seguito nella valutazione Anvur: la parcellizzazione dei lavori in scritti brevi e numerosi, di rapida compilazione. Raccolte di questo genere sono già in libreria in vista dei concorsi. Tutto questo non è contrastabile adoperando criteri «quantitativi»: nulla può sostituire l’onesta valutazione dei pari, nel merito di ciascun «prodotto». Come nulla può sostituire la visibilità di una tale valutazione, essa stessa assoggettata al controllo della comunità scientifica: un’accountability che il sistema universitario ha avuto solo nelle proprie migliori stagioni, e che ha purtroppo da qualche tempo smarrito. In tale scenario, la considerazione del numero dei prodotti può avere un senso, ma solo come un elemento tra altri, e marginale. Forse l’esperienza del Civr aveva dato qualche indicazione utile; ma poi questa modalità è divenuta il Neanderthal nell’evoluzione della specie Valutazione, finendo misteriosamente su un binario morto. Dunque correggere il metodo è necessario ed è divenuto davvero urgente.
Si discorre di «concorsi nazionali». In realtà ci si appresta a formulare graduatorie «aperte» di idonei: non v’è un numero limitato di posti per i quali competere; i concorrenti giudicati idonei (sulla base dei criteri di cui si è fatta menzione) da commissioni (formate sulla base di analoghi criteri) potranno poi accedere a procedure comparative nelle singole sedi universitarie. Rovesciando nominalisticamente l’evangelo di Matteo: molti gli eletti, pochi i chiamati. Ma chi sarà chiamato? A decidere i chiamati saranno i rettori (dopo la torsione monocratica del modello della governance universitaria) e i consigli di amministrazione, operando con la leva della distribuzione delle risorse. Pur considerando Il modello prefigurato largamente impraticabile, non si possono bloccare ulteriormente le carriere di studiosi in attesa da anni. La determinazione più utile, allora, sarebbe quella di regolare transitoriamente questa fase, tornando alle modalità concorsuali consolidate, con correttivi adeguati a contrastare pratiche deteriori ben note (per esempio, consentendo a ogni commissione locale di attribuire una sola idoneità, corrispondente al posto disponibile, in modo da impedire «incroci» e «scambi» tra commissari e sedi).
(Fonte: S. Spaiano, ilsussidiario.net 09-07-2012).

Un commento (A. Ferrari 09-07-2012): Come al solito in Italia quando si tenta di riformare qualche meccanismo statale che fa acqua (e quello universitario della valutazione/reclutamento dei professori è sotto gli occhi di tutti) allora si parte con le accuse di incompetenza, di mancanza di trasparenza. Come si fa a parlare di mancanza di trasparenza dell'ANVUR? O che non sono parte del corpo accademico (da cui sono stati selezionati)? E come si fa a valutare qualcosa senza criteri che facciano riferimento ad elementi oggettivi? Elementi condivisibili in tutta Italia? Condivisibili anche da noi cittadini che paghiamo questi stipendi? A criticare sono buoni tutti.