Home 2012 23 Agosto VALUTAZIONE INDIVIDUALE. MEGLIO DI QUELLA DEGLI ATENEI
VALUTAZIONE INDIVIDUALE. MEGLIO DI QUELLA DEGLI ATENEI PDF Stampa E-mail

Proviamo a individuare i fattori che possono determinare differenze di performance tra le università italiane. Un possibile fattore potrebbe riguardare un’allocazione delle risorse da parte del MIUR non propriamente equa, per cui alcune università potrebbero essere state penalizzate nel tempo: non sono pochi i rettori che lamentano questo tipo di circostanza. Un altro fattore potrebbe consistere nel vantaggio di localizzazione: università ubicate in aree ad alta intensità di ricerca industriale, beneficiando dell’effetto della prossimità territoriale, potrebbero aver acquisito finanziamenti privati maggiori di altre. Lo stesso dicasi per i finanziamenti a sostegno della ricerca universitaria erogati dalle amministrazioni regionali, non necessariamente distribuiti in egual misura da regione a regione. Da ultimo, una possibile diversa distribuzione delle pratiche clientelari nei concorsi e dei comportamenti opportunistici da parte del personale di ricerca. Si osserva che gli improduttivi nelle scienze dure (coloro che non hanno mai pubblicato nell’arco di cinque anni o non sono stati mai citati) sono il 24,6 per cento e il 77 per cento del personale di ricerca produce solo il 23 per cento dell’impatto scientifico totale. Inoltre, le differenze di produttività di ricerca tra università sono relativamente molto più basse di quelle che si riscontrano tra il corpo docente all’interno di ciascuna università. Alla luce di tutto ciò, la scelta di allocare parte delle risorse sulla base della performance aggregata di ciascuna università non solo inficia il principio di equità per gli stakeholder (studenti, imprese sul territorio, pazienti dei servizi sanitari erogati dal personale universitario, eccetera). In secondo luogo, le singole università, in assenza di una valutazione individuale di performance, non sono in grado a loro volta di allocare le risorse internamente in funzione del merito, ammesso che “vogliano” farlo (il 77 per cento dei low performer verosimilmente condizionano le politiche degli organi decisionali), ma risulta anche scarsamente efficace rispetto agli obiettivi che intende perseguire. La soluzione passa inevitabilmente attraverso la tanto temuta valutazione individuale al fine di legare una parte della retribuzione al merito. Solo così si disincentiverebbero i comportamenti opportunistici di chi antepone l’utilità personale a quella pubblica, si potrebbero premiare i top performer, individuare gli improduttivi e affrontare il relativo problema fino a considerare la loro sostituzione con giovani di talento.
(Fonte: G. Abramo e C. A. D'Angelo, Lavoce.info 13-07-2012)