Home 2012 23 Agosto L’UNIVERSITÀ NON È SOLO UN SERVIZIO AGLI UTENTI
L’UNIVERSITÀ NON È SOLO UN SERVIZIO AGLI UTENTI PDF Stampa E-mail

A proposito della visione dell’università come un servizio qualunque: il servizio ha un costo? Se lo sobbarchi chi ne usufruisce! Il ragionamento potrebbe anche avere un senso, peccato che ci si dimentichi del fatto che in realtà l’Università non è solo un servizio agli utenti ma alla società nel suo complesso, perché la mette nella condizione di avere personale formato a disposizione del mercato del lavoro. Se in Italia non ci fossero ingegneri dell’autoveicolo o ce ne fossero troppo pochi, la FIAT dovrebbe assumere personale straniero. Da una parte la cosa avrebbe dei costi per l’azienda che si troverebbe ad affrontare probabilmente un aumento del costo del lavoro, ma la cosa avrebbe anche un costo sociale maggiore perché uno straniero paga meno tasse di un italiano e perché tende a trasferire parte del suo reddito all’estero anziché mantenerlo nel ciclo nell’economia nazionale. Un paese ha quindi un interesse a far sì che l’università produca laureati in quantità e con un livello di qualità accettabile ed è quindi corretto che sostenga questo sforzo con finanziamento pubblico. E’ vero che il Signor Bianchi pur avendo deciso di non mandare all’università i propri figli paga con la sua IRPEF la possibilità per altri di studiare, ma è anche vero che gli studi di costoro consentiranno al sistema economico e sociale di funzionare e il Signor Bianchi se ne gioverà come tutti gli altri. In definitiva non si tratta quindi di stabilire se sia giusto o sbagliato il finanziamento pubblico dell’università, ma piuttosto se sia eccessivo o meno. Sul secondo punto sfaterei il mito dei “più meritevoli”, per il quale far pagare l’università quanto serve (anche se dovessero essere cifre non accessibili ai più) per salvare i “più meritevoli” attraverso borse di studio legate ai risultati scolastici. Anche qui stiamo parlando di un modello diverso, non necessariamente migliore o peggiore di quello a cui siamo abituati, semplicemente diverso. Una cosa è il modello di università “inclusivo” che permette a tutti, indipendentemente dal reddito della propria famiglia, di accedere all’università; un’altra è il modello “esclusivo” che permetta di accedere liberamente all’università ai soli studenti che abbiano la disponibilità economica per farlo, gli altri per accedere devono per forza primeggiare. Gli svantaggi di un modello esclusivo sono rappresentati da due punti, il primo, più diretto, è legato alla riduzione del numero complessivo di laureati (vi sarà chi non ha la disponibilità economica per pagare le tasse e non ha le capacità per primeggiare che dovrà abbandonare), il secondo, indiretto, è legato alla riduzione della mobilità sociale (chi abbia umili origini avrà più difficoltà che nel passato ad uscire dalla propria condizione). Anche qui la sicurezza con la quale ci si pronuncia a favore di un modello “esclusivo” sembra trascurare i fattori sociali connessi ai due svantaggi di cui sopra.
(Fonte: ilcoloredel grano 02-08-2012)