Home 2012 25 Giugno RICERCA. I POOL DI RICERCA PIÙ INTERNAZIONALI
RICERCA. I POOL DI RICERCA PIÙ INTERNAZIONALI PDF Stampa E-mail

Canada e Australia, Usa e Svezia, insieme alla Svizzera, che detiene il primato, sono questi i Paesi dove i pool di ricerca sono più internazionali secondo uno studio realizzato dai Politecnici di Torino e Milano e dal National Bureau of Economics Research, che ha ricostruito le rotte dei "cervelli in fuga" di 16 Stati di tutto il mondo. I risultati confermano la buona capacità attrattiva di Nord America e Australia, con percentuali tra il 38% e il 47% di paper scientifici realizzati da istituzioni di ricerca che vantano la presenza di almeno un autore di origine straniera. Ma è un Paese europeo, la Svizzera, a incassare il top di scienziati globetrotter. E in Europa hanno molto appeal anche Svezia (37,6%), Olanda (27,7%), Germania (23,2%) e Danimarca (21,8%). L'Italia mostra, invece, un'incidenza di ricercatori stranieri molto ridotta (3%), la più bassa dopo quella registrata in India (0,8%) e di poco inferiore al Giappone (5%), che ha un sistema tradizionalmente chiuso all'immigrazione internazionale.
A guidare il ranking degli Stati "esportatori" di cervelli è, invece, l'India (quasi 4 su 10 sono oltreconfine), seguita da Svizzera (33%) e Olanda (26%). Secondo lo studio, a eccezione di Usa e Giappone, tutti i Paesi con sistemi di ricerca eccellenti perdono circa il 20% di connazionali a favore di Paesi esteri. L'Italia ne perde meno: in media uno su sei. «Una perdita che può essere considerata "naturale" per la dimensione dell'Italia - commenta Franzoni -. Gli scienziati italiani hanno una minor "propensione alla fuga" di quelli tedeschi, inglesi, olandesi, australiani e canadesi. Il problema è semmai che, a differenza di questi Paesi, l'Italia attrae una quota esigua di cervelli stranieri e quindi non compensa le perdite». Gli italiani in fuga hanno fatto rotta in primis verso Stati Uniti, Inghilterra, Germania e Francia.
Le ragioni dell'esodo? «La possibilità di migliorare le prospettive di carriera» e quella di lavorare con «colleghi o gruppi di ricerca eccellenti» sono le risposte più frequenti. Nella maggior parte dei casi la scelta di emigrazione è sostanzialmente irreversibile. In media poco più di uno scienziato su quattro dichiara che tornerà nel Paese di origine (percentuale che scende al 12% per l'Italia) e altrettanti si dicono possibilisti in base alle condizioni di impiego. Ma circa la metà dichiara che non rientrerà a casa, oppure che valuterà di tornare, ma solo in vista della pensione.
(Fonte; F. Barbieri, IlSole24Ore 11-06-2012)