Home 2011 27 Dicembre STUDENTI. I PRESTITI. IL FONDO PER IL MERITO
STUDENTI. I PRESTITI. IL FONDO PER IL MERITO PDF Stampa E-mail
L’esperienza dei prestiti in Inghilterra insegna che gli studenti mettono in atto una serie di strategie per non indebitarsi eccessivamente, ovvero dedicano più ore ad attività lavorative a discapito dei risultati formativi, continuano a vivere con i genitori, optano per corsi più brevi in atenei meno costosi/prestigiosi. I prestiti, lungi dal rappresentare un premio, non sono neanche un incentivo alla mobilità. Gli studenti provenienti da famiglie non abbienti ricorrerebbero alle strategie sopra enunciate per evitare l’indebitamento, tanto più a fronte di un mercato del lavoro come quello italiano caratterizzato da bassissime prospettive occupazionali – il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 30% –, e come rileva il XIII Rapporto AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati, da bassi salari di ingresso, contratti di lavoro non stabili e crescita del lavoro in nero. Gli studenti invece con un elevato background socio-economico familiare possono già permettersi di iscriversi all’università ed esercitare il cosiddetto “voto con i piedi” verso l’ateneo che preferiscono non essendo soggetti a vincoli di bilancio (pertanto non hanno bisogno di prestiti). Si contano nel 2009/10 circa 380.000 studenti iscritti fuori sede, ovvero che studiano in una regione diversa da quella di residenza, mentre secondo le stime del MEF con una dotazione di 50 milioni di euro si potrebbero garantire 1.000 nuovi prestiti ogni anno per una durata quinquennale degli studi (a regime 5.000 prestiti l’anno in totale). Posto che la dotazione attuale del Fondo non è di 50 milioni ma di  9 milioni, c’è  una questione di fondo che rimane irrisolta: se quasi 400 mila studenti  non bastano a sviluppare una competizione virtuosa fra gli atenei, come potrebbero riuscire  nell’impresa 5.000 studenti? Nel Fondo per il merito non si intravedono nemmeno azioni risolutive rispetto alle criticità del sistema universitario italiano evidenziate chiaramente dal CNVSU: “alti tassi di abbandono dopo il primo anno; elevata quota di studenti “inattivi” (cioè che non sostengono esami); molti studenti fuori corso; tempi lunghi per il conseguimento della laurea e di conseguenza età avanzata al momento del suo conseguimento”.  Le analisi mostrano che il Fondo per il merito non ridurrebbe il  tasso di abbandono né aumenterebbe il numero di iscritti (e particolarmente dei privi di  mezzi) né farebbe crescere la percentuale di laureati. Occorre ripensarlo mettendo in atto nuove e mirate politiche, coerenti con gli obiettivi che si intende  perseguire e che siano effettivamente perseguibili con lo strumento del premio (per  definizione  a fondo perduto) e del prestito.
(Fonte: F. Laudisa www.roars.it 09-12-2011)