Ricerca. Ricercatori e brevetti |
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In base all’articolo 65 del Codice di Proprietà Industriale (CPI), il ricercatore universitario o di un ente pubblico di ricerca (EPR) è il titolare esclusivo dei diritti derivanti dall’invenzione di cui è autore, almeno per la cosiddetta “ricerca libera”. Il ricercatore può poi cedere i diritti patrimoniali derivanti dall’invenzione a qualsiasi terzo (università compresa). In caso di più autori, i diritti appartengono a tutti in parti uguali, salvo diversa statuizione. Può essere riconosciuto co-autore solo chi ha effettivamente svolto attività inventiva. L’art. 65 si applica anche ai ricercatori delle università private e non solo statali, ma non a chi lavora presso strutture di tipo privatistico (es. fondazioni di diritto privato) benché sottoposte a controllo da parte di enti pubblici. Uno dei dibattiti riguarda i soggetti che rientrano nella categoria dei ricercatori universitari: sono compresi, oltre ai professori ordinari e associati e ovviamente ai ricercatori (confermati e non), anche i tecnici laureati e di laboratorio? E i ricercatori “parasubordinati”? Ovvero gli assegnisti di ricerca e i borsisti? Taluna dottrina sostiene la non applicabilità dell’art. 65, ma la disciplina generale dei contratti d’opera intellettuale. Comunque, rispetto ai dipendenti di un’azienda o di un ente privato (o anche pubblico ma senza fini di ricerca), i ricercatori universitari sono avvantaggiati, perché possono disporre liberamente dei risultati della ricerca svolta. Ma questa disparità di trattamento può essere considerata illegittima dal punto di vista costituzionale? (art. 3 della Costituzione) Qualora il ricercatore faccia decorrere cinque anni (forse troppi considerati i tempi di obsolescenza della tecnologia!) dalla data di rilascio del brevetto senza aver iniziato lo sfruttamento industriale dell’invenzione (commercializzazione o concessione di licenze), l’università acquisisce un diritto gratuito, non esclusivo, di sfruttare l’invenzione stessa e i diritti patrimoniali connessi. Il ricercatore rimane comunque titolare dei diritti e potrebbe rilasciare altre licenze (anche a titolo oneroso). Nel caso di sfruttamento commerciale dell’invenzione, il ricercatore avrà diritto a non meno del 50% dei ricavi, al lordo degli oneri finanziari (art. 65 comma 3). Se si tratta di ricerca finanziata (da un privato o un ente pubblico diverso da quello di appartenenza del ricercatore) i diritti sull’invenzione appartengono all’università o all’EPR (art. 65 comma 5) e il ricercatore svolge solo attività di prestazione d’opera. Pertanto, nel caso di “ricerca vincolata” si applica l’art. 64, anche se la norma non chiarisce se al ricercatore spetti il diritto all’equo premio. (Fonte: http://brevettiblog.blogspot.com/2011/10/le-invenzioni-dei-ricercatori.html 16-10-2011)
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