La comunità scientifica nazionale e internazionale è tutta fortemente critica dei parametri bibliometrici che invece, per l'ANVUR, costituiscono parametri da «utilizzare per i candidati all'abilitazione», parametri così precisati: 1) il numero di pubblicazioni censite su Isi o Scopus (o altra base dati di ampia copertura); 2) il numero totale delle citazioni; 3) l'indice h (basato sul numero delle pubblicazioni e sulle citazioni ricevute). Fortunatamente qualche dubbio deve avere colto i membri dell'ANVUR dato che — anche se non detto direttamente — tali parametri non si applicano, almeno per ora, alle discipline storiche, filologiche, filosofiche, antichistiche, giuridiche e sociali (aree 10-14, con alcune eccezioni); per questi settori sarebbe opportuno tener presenti le indicazioni del CNR. Assai preoccupante appare la distinzione proposta, fra articoli e monografie in lingua non italiana e quelli in italiano (forse si pensa, ma non si dice, all'inglese), assicurando ai primi una maggiore valutazione. Così una monografia, anche di grande rilevanza, pubblicata in lingua italiana vale meno («peso 1 punto») di una pubblicazione in lingua straniera (peso 1,5: curioso l'uso del termine «peso» per qualificare il valore scientifico di un testo). La stessa definizione di un punteggio massimo per ogni pubblicazione penalizza monografie di più alto valore; meglio sarebbe indicare un punteggio globale per le pubblicazioni, lasciando alle commissioni di valutare le singole opere.V'è infine l'introduzione di un criterio puramente aziendalistico e manageriale nel «profilo scientifico del professore associato e del professore ordinario»: la capacità «di attrarre finanziamenti»; «almeno in un caso» per l'associato, con una «posizione di leader» per l'ordinario. Come se compito di uno studioso, sua missione, fosse trovare denari e sponsor, e questo possa essere requisito tanto importante da divenire condizione per accedere alla carriera universitaria. (Fonte: T. Gregory, Corsera 10-09-2011)
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