Come sarebbe stata una riforma realmente liberale |
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Una riforma realmente liberale, come prima cosa, avrebbe abolito il valore legale del titolo di studio. Questo avrebbe costretto le Università a competere tra loro per accaparrarsi i migliori studenti e docenti/ricercatori offrendo migliori servizi e incentivi. E non solo le Università pubbliche ne avrebbero tratto giovamento. La concorrenza fa bene anche alle private che, in Italia, invece di competere sul mercato preferiscono chiedere, immediatamente accontentate, più finanziamenti allo Stato. Vorrei ricordare, infatti, che le performance sul piano della qualità e quantità della ricerca delle Università private italiane sono spesso disastrose. Una riforma realmente liberale avrebbe previsto l’abolizione del meccanismo perverso e inutile del concorso pubblico, abbinando questo provvedimento a un più spiccato meccanismo di valorizzazione finanziaria delle performance dei dipartimenti. Io assumo chi voglio, ma se prendo brocchi e il dipartimento non produce, mi assumo la responsabilità della sua chiusura. E avrebbe previsto una liberalizzazione dei percorsi di carriera e delle premialità interne. Inoltre, una riforma veramente liberale avrebbe dovuto, in modo correlato, abolire le caste degli ordini professionali che rappresentano un inaccettabile tappo per l’inserimento dei giovani neo-laureati. Infine, avrebbe realizzato una maggiore separazione tra le strutture di ricerca e quelle prevalentemente orientate alla formazione. Non è possibile far fare tutto a tutti. (Fonte: G. Nicolosi, notizie radicali 12-04-2011)
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