Oltre il modello Humboldtiano |
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Le università continuano nominalmente a vivere nella scia del modello humboldtiano, dal nome del fondatore dell'Università di Berlino (1810), ovvero un'università che coniuga ricerca e didattica nel nome del progresso della nazione, con l'esplicito mandato di formare l'elite. Ma nel secondo dopoguerra quel modello è stato travolto da tre fattori, ovvero: la proliferazione di luoghi di creazione di conoscenza, l'università di massa e l'indebolimento degli stati nazionali a favore di spazi sovranazionali. In realtà, tuttavia, non stiamo semplicemente vivendo il crepuscolo del modello humboldtiano. Da circa trent'anni, infatti, una nuova idea di università si è affermata in numerosi paesi, partendo dal Regno Unito di Margaret Thatcher per arrivare all'Italia di questi giorni. Un nuovo modo di intendere l'università che in superficie non intacca il modello humboldtiano, ma che nella pratica contribuisce a sovvertirlo. Parliamo dell'università imprenditrice, ovvero, un'università in competizione esplicita con tutte le altre, con gli occhi fissi sulle graduatorie e pervasa da nuove parole d'ordine: eccellenza, innovazione, indicatori, studenti-clienti, produttività, ranking. Trasformazione che la Thatcher ottenne – ironicamente, per chi ama pensarla come purista del mercato – burocratizzando il rapporto tra Stato e Università. In particolare la Thatcher istituì burocrazie di valutazione impostate secondo modelli di provenienza business school. Dopo decenni di Research assessment exercise (Rae) la situazione inglese è chiara: si pubblica quasi solo nei modi e sugli argomenti che riceveranno un punteggio più elevato dalla burocrazia statale di valutazione. Ne va infatti non solo della carriera dei singoli ricercatori, ma anche della stessa esistenza di interi dipartimenti. A questo modello – che naturalmente incorpora anche elementi positivi, come valutazione e innovazione, ma declinati in maniera tale da frantumare l'ethos accademico – è tempo di proporre alternative. Quale università nell'età della Rete? (Fonte: J.C. De Martin 31-03-2011)
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