Un equilibrio tra necessità produttive e generazione di conoscenza avanzata |
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Se si vuole realmente contribuire a uno sviluppo duraturo non è sufficiente affermare che è necessario fare ricerca ma bisogna focalizzarsi principalmente sul tipo di ricerca “utile” per la crescita: quella cioè che, pur con un ampio spettro di discipline scientifiche, sociali, normative e culturali, ha rilevanza per il progresso tecnologico e socio-economico del Paese. Il quesito nodale per capire cosa serva per favorire il progresso e generare vantaggi e benessere sociale riguarda lo scopo della ricerca e il buon ritorno degli investimenti che questa richiede. Nel passato i filosofi della scienza avevano come unico desiderio la descrizione dei fenomeni naturali e per questo richiedevano e ottenevano “libertà scientifica” poiché la creatività, si diceva, deriva solo da attività guidate dalla curiosità intellettuale. Il fatto è che nel passato il tempo che intercorreva tra scoperte e loro effettivo sfruttamento era molto lungo e, molto più importante, il costo delle ricerche era molto basso. Galileo ha scoperto il principio d’inerzia facendo osservazioni senza particolari costosi apparati. Fermi e i ragazzi di via Panisperna usarono come rallentatori di neutroni l’acqua della fontana dei pesci rossi dell’Istituto di Fisica di Roma. Ora, al contrario, la ricerca è molto costosa e,con crescente consapevolezza, i cittadini accettano di pagare i costi con le proprie tasse solo se intravedono una rilevanza economica e sociale. Il meccanismo che porta a reale sviluppo corrisponde a un giusto equilibrio tra necessità produttive e generazione di conoscenza avanzata. Anzitutto, fare ricerca non deve esplicitamente riguardare lo sviluppo, ma operare per costruire il “terreno di cultura” ottimale per lo sviluppo e formare persone, motivate e consapevoli, fornite della corretta preparazione. (Fonte: l’occidentale 31-03-2011)
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