Home 2011 28 Marzo Quale assetto organizzativo per le università? Le lezioni dell’analisi comparata su un campione di otto università di quattro paesi europei
Quale assetto organizzativo per le università? Le lezioni dell’analisi comparata su un campione di otto università di quattro paesi europei PDF Stampa E-mail
Nell’incontro “Quale assetto organizzativo per le università italiane?”, organizzato all’Università di Catania, a fornire gli spunti principali del dibattito è stato il rapporto di ricerca Unires–Fondazione Crui “Tra didattica e ricerca: quale assetto organizzativo per le Università italiane? Le lezioni dell’analisi comparata” realizzato da Gilberto Capano e Marino Regini. Lo studio, condotto su un campione di otto università di quattro paesi europei, è nato dalla volontà di approfondire in quale maniera questi atenei hanno organizzato ricerca e didattica. Il prof. Regini ha illustrato i risultati della ricerca condotta sulle università di Manchester e Leicester (Inghilterra), Amsterdam e Twente (Olanda), Monaco e Kassel (Germania) e Strasburgo e Aix-Marseille I (Francia). L’Inghilterra è caratterizzata da una grande libertà nelle decisioni di carattere organizzative, mentre in Olanda e Germania si ha un continuo rapporto tra legislazione statale e autonomia delle istituzioni universitarie. In Olanda si è assistito a un radicale processo di modernizzazione del mondo accademico; in Germania le innovazioni (meno radicali) si sono accompagnate al mantenimento di alcune dinamiche precedenti. Caso a parte è quello francese, che più di tutti i paesi europei ha subito i cambiamenti post-68 e ne subisce tuttora gli effetti. Marino Regini ha individuato quattro problematiche comuni, analizzando come le differenti istituzioni si comportano a riguardo. Sul tema della diversificazione e dell’integrazione delle responsabilità, «in Germania e Francia si assiste spesso a sovrapposizioni e confusione. In Inghilterra e Olanda c’è una netta diversificazione di ruoli e competenze e un’integrazione funzionale, mentre in Francia è in corso un intenso dibattito per realizzare degli aggiustamenti di tali dinamiche». Sul ruolo di “filtro” tra gli organi superiori e la base (formata da dipartimenti e facoltà), ad agire in maniera ottimale sono olandesi e inglesi, fondamentalmente «perché i dean hanno ruoli manageriali e sono nominati». In Germania e Francia non funziona altrettanto bene «poiché i presidi sono eletti con modalità simili a quelle che conosciamo e hanno la tendenza ad aggregare il consenso». Per quanto riguarda l’esatta dimensione dell’aggregazione delle strutture è difficile trovare una formula esatta che sia ottimale, mentre sul piano della distribuzione delle responsabilità la tendenza generale è per l’accentramento a discapito del decentramento. «In Olanda e Inghilterra c’è una managerializzazione delle cariche», ha spiegato il prof. Regini. «In Germania e Francia, pur avendo cambiato alcuni assetti, rimangono pratiche caratterizzate dalla persistenza del modello precedente. La domanda è legittima e ce la poniamo in molti: accadrà la stessa cosa in Italia?». Ma non è tutto rose e fiori aldilà dei confini italiani: «in Olanda e Inghilterra c’è difficoltà a trovare gestori che siano adatti al ruolo di manager e abbiano anche competenze accademiche. In Francia e Germania si mantiene opaca la catena di responsabilità, visto che permane l’elettività delle cariche intermedie». L’analisi del docente milanese è passata al dilemma principale che tutti gli atenei italiani stanno affrontando in questi mesi: «a chi affidare la gestione della didattica. Ai dipartimenti o alle strutture intermedie?». Se la scelta cadesse sui primi, avremmo «semplificazione e imputazione certa delle responsabilità, ma è un modello che non si è rivelato vincente». Una struttura intermedia potrebbe avere più successo per «la stessa natura multidisciplinare del mondo accademico». Ad ogni modo, secondo del prof. Regini «l’innovazione cruciale, su cui è necessario molto coraggio, è nella governance centrale degli atenei, non nell’affidamento delle funzioni a strutture periferiche».
(Fonte: http://www.step1.it/index.php?id=6931-call-me-responsable 28-03-2011)