Home 2011 28 Marzo Confronti tra Italia e Francia: la carriera accademica dei fisici
Confronti tra Italia e Francia: la carriera accademica dei fisici PDF Stampa E-mail

Sui concorsi universitari quattro economisti hanno pubblicato un’analisi sistematica. Il lavoro (F. Lissoni, J. Mairesse, F. Montobbio e M. Pezzoni ‘Scientific productivity and academic promotion: a study on French and Italian physicists’ Industrial and corporate change 20 [2011] pp. 253-294) utilizza un data-base dei docenti universitari di fisica in servizio in Italia (circa 1700) e Francia nel 2004-2005 (1900), che comprende informazioni sulle caratteristiche personali (età, sesso etc.), sulla carriera (anno di reclutamento in ruolo) e sulla produzione scientifica.

Per diventare professore ordinario in Italia, il fattore più importante è l’età anagrafica. Avere fra 50 e 60 anni aumenta del 68% la probabilità di diventare ordinario rispetto alle probabilità di una persona con gli stessi titoli, ma fra 30 e 40 anni. Anche essere oltre 60 anni aiuta parecchio (un aumento del 56%) ed anche gli studiosi di mezza età (fra 40 e 50 anni) non se la passano male (un aumento del 50%). Al secondo posto, è essere in pista al momento giusto – in particolare nel 1980, quando il numero di docenti fu improvvisamente aumentato per far fronte all’aumento delle immatricolazioni (la grande ondata della 382/80). E’ servito anche essere un fisico teorico (una probabilità addizionale del 13% rispetto ai poveri fisici sperimentali). Invece essere donna ha penalizzato – riducendo le chance di promozione del 15%. Per la promozione da ricercatore ad associato il quadro è simile, ma i coefficienti sono più bassi. Anche per la Francia, contano età, sesso (le donne sono penalizzate poco meno che in Italia) e ondate generazionali (in questo caso, l’anno giusto è il 1985). In merito alla produzione scientifica gli autori stimano che, in totale, i docenti entrati nel 1980 (il 10% degli ordinari, il 26% degli associati e il 26% dei ricercatori in servizio nel 2005) abbiano pubblicato in totale 1740 articoli in meno dei loro colleghi (analoghi per età, sesso etc.) entrati in altri, meno favorevoli, momenti. In conclusione, gli autori sottolineano con forza che le ondate di reclutamento massiccio del 1980 in Italia e del 1985 in Francia “hanno avuto duraturi effetti negativi sulla produttività scientifica media nei due paesi, e specialmente in Italia”. (Fonte: G. Federico, nFA 09-03-2011). Commenta A. Lusiani (nFA 09-03-2011): C'è da dire che la Francia oggigiorno attua meccanismi di reclutamento con scadenze di reclutamento ben precise (annuali, sia nell'università sia nel CNRS, con il numero di posti banditi pressoché costante nel tempo) cosa che permette ai potenziali candidati di programmarsi la propria carriera. Stessa cosa per i finanziamenti alla ricerca erogati dalle agenzie preposte (tipo ANR). In Italia invece i rari concorsi (ma anche i bandi di finanziamento) sono banditi senza alcuna regolarità, e anche i tempi d'espletamento e presa di servizio tendono a gonfiarsi a dismisura, e comunque in modo aleatorio. Poi ogni tot anni arriva un'ondata di concorsi, con gli effetti deleteri che vi potete immaginare. I problemi sono chiari, sperimentati anche altrove, le soluzioni sono ovvie a chi ha un minimo d’istruzione e onestà. A volte tali soluzioni sono perfino contenute nelle norme di legge (come la cadenza biennale dei concorsi universitari della 382/80) salvo che poi lo Stato stesso non è capace di seguire le sue stesse norme.