Home 2011 26 Febbraio Il 3+2 in ingegneria
Il 3+2 in ingegneria PDF Stampa E-mail
«L'idea alla base della formazione universitaria "3+2" era che l'ingegnere triennale fosse pronto e spendibile sul mercato del lavoro. Ma non è per niente così», spiega Sergio Polese, presidente del Claiu, l'associazione europea degli ingegneri di "lungo corso", ovvero i laureati quinquennali. «Noi riteniamo, come Consiglio nazionale, che aver spezzato la formazione in due moduli da tre e due anni abbia danneggiato tutti. Non solo perché i laureati triennali hanno una formazione lacunosa. Ma anche perché la laurea "magistrale", cioè il biennio di specializzazione, deve giocoforza riprendere nozioni di base e professionali compresse in malo modo nei tre armi precedenti». Un disastro totale, cui si aggiunge la poca chiarezza legislativa su quali siano le competenze specifiche dell'ingegnere "triennale" che comunque è anche lui iscritto all'albo. «La legge dice che possono collaborare con gli ingegneri "quinquennali" ed essere impiegati per "opere semplici", un'espressione poco chiara», ammette Polese. Sarà per questo che oltre l'80 per cento degli ingegneri non si ferma alla laurea breve, ma prosegue con la magistrale. «La figura del triennale non ha convinto neanche gli stessi studenti», commenta Polese. La proposta del Consiglio nazionale degli ingegneri è pertanto quella di affiancare a un percorso breve, di tre anni, anche una formazione unica, di cinque anni, ma continua. Non spezzata, cioè, in blocchi da 3 e da 5. Come nelle vecchie lauree, insomma. E magari, chissà, prevedere quattro anni di tirocinio pratico come negli States.
(La Repubblica 21-02-2011)