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DALLA LIBERTÀ ALLA FUNZIONE DELLA RICERCA PDF Stampa E-mail

Aurore: L. FERRARA, in Diario di Diritto Pubblico, 18 aprile 2025.

La sensazione è che per la ricerca stia accadendo quello che è esplicitamente avvenuto per lo sport, di cui, sotto lo stesso cappello dell’art. 33 Cost., si è introdotta nel 2023 una funzionalizzazione (“La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”). Lo sport, però, non è questo o quel “valore” (o ‘disvalore’); non è salute, educazione, cultura, rito, gioco, performance, spettacolo, intrattenimento, perdita di tempo e via dicendo. Non lo si definisce attraverso i valori o le funzioni che gli si attribuiscono, oltretutto con un’operazione selettiva necessariamente parziale. Lo sport è conferimento, innanzitutto individuale, di un orizzonte di esperienza e di significato; è un modo di vivere. Quindi, in termini normativi si inscrive essenzialmente nell’esercizio di una libertà; è una libertà. La sensazione allora è che anche per la ricerca si vada smarrendo che si è di fronte, kantianamente, a un “fine in sé”. La ricerca non serve a questo o a quest’altro obiettivo (“un’università che serve rischia di essere un’università serva, ha avvertito T. Montanari, Libera università, Torino, 2025). Il comma 1 dell’art. 33 è chiaro e potente: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. La ricerca è una libertà (ancora, individuale, non dell’istituzione, per usare l’espressione di Barbara Gagliardi). Punto. Non solo non si immedesima in specifici valori ma nel suo nucleo non può nemmeno essere bilanciata con altri valori (ancora Montanari). F: Dal testo dell’articolo 18.06.25.