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I NUOVI CONTRATTI DI RICERCA DEL MUR NON SONO UNA SOLUZIONE AL PRECARIATO PDF Stampa E-mail

Su Il Foglio era già stata raccontata la rivolta dei circa 600 ricercatori che hanno sottoscritto un appello sul sito Scienza in rete per chiedere maggiore flessibilità contrattuale. Visto quanto il contratto nazionale di ricerca, entrato ufficialmente in vigore negli scorsi mesi dopo essere stato introdotto all’epoca del governo Draghi, abbia reso praticamente impossibile la stipula di nuovi contratti di ricerca che non rientrino nella casistica del solo contratto nazionale. Ora hanno voluto farsi sentire anche loro, i docenti di ruolo. Firmando un appello affinché risuoni ancora più forte il messaggio: “Il contratto nazionale di ricerca come unico strumento contrattuale sta ostacolando più che agevolando la vita dei giovani ricercatori“. E ancora “Con il solo contratto nazionale si cerca di stare nel quadro delineato dalle istituzioni europee. Ma non si tiene conto che in un ecosistema universitario come il nostro, questa soluzione non è sostenibile. Rischia di creare più danni di quanti ne possa risolvere”. “E’ una soluzione in un mondo ideale, ma che non tiene conto della situazione accademica che abbiamo in questo momento”. Graziella Messina pone sul tavolo anche altre questioni degne di attenzione: “Il solo contratto nazionale di ricerca crea una rigidità che ci impedisce di affrontare la disparità geografica”, dice al Foglio. “Con gli assegni di ricerca avevamo un range di stipendio. Nel mio caso a me è capitato di ricevere, in passato, un importante finanziamento europeo. Così ho potuto pagare bene i miei assegnisti di ricerca, in modo da poter essere attrattivi, visto che a Milano il costo della vita è più elevato di Roma o Napoli. Tutto questo col solo contratto nazionale di ricerca viene meno”. Anche da qui nasce l’appello a dotarsi di un sistema più flessibile. “Da parte della ministra Bernini c’è stata più apertura al dialogo, mentre i sindacati sono stati più rigidi”. F: L. Roberto, Il Foglio 16.04.25.