In una lettera, inviata al presidente della Repubblica, alla presidente del Consiglio dei ministri, ai ministri, ai parlamentari, al gruppo di Lavoro del ministero dell’Università, ai rettori e al Consiglio universitario nazionale, i ricercatori e docenti dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna evidenziano quattro punti critici della riforma: 1) Prima di tutto, sostengono, «per uniformare la formazione dovranno essere rigidamente stabiliti gli specifici contenuti per gli insegnamenti del primo semestre. Gli argomenti oggetto di valutazione non potranno essere trattati in modo critico, ma si dovrà fornire una versione ridotta ed edulcorata della materia, finalizzata esclusivamente all’apprendimento acritico di risposte rigorosamente predefinite. Gli accademici di Bologna, facendo riferimento alla libertà di insegnamento garantita dall’articolo 33 della Costituzione, si chiedono dunque come «può essere definito docente universitario chi non può scegliere liberamente i contenuti specifici del suo corso? Potrà consigliare liberamente i testi per lo studio della propria materia? Avrà la possibilità di trasmettere informazioni per il proprio corso di laurea e la propria attività di ricerca?». 2) La seconda questione riguarda il fatto che «la didattica del primo semestre dovrà essere in gran parte telematica, dato il numero di iscrizioni atteso e in assenza dichiarata di risorse aggiuntive». Inoltre, sottolineano, «per garantire omogeneità nelle procedure di selezione, non potranno svolgersi esami individuali che consentano l’utilizzo del linguaggio proprio della disciplina e la verifica puntuale dell’efficacia dell’insegnamento». Non potendo dunque i docenti «scegliere liberamente le modalità e i contenuti della propria didattica e le modalità di esame», gli accademici bolognesi si chiedono se «chi ha insegnamenti nel primo semestre non sarà perciò demansionato e discriminato». 3) Infine, «è da ritenersi legittimo che l’organizzazione e i contenuti della didattica siano imposti a livello centrale, scavalcando Atenei, Dipartimenti e corsi di laurea, e privandoli della loro autonomia decisionale?». 4) Questa imposizione sarebbe peraltro non «rispettosa della Magna Charta Universitatum di Bologna del 1988, firmata da più di 900 Atenei di tutto il mondo». Il gruppo di ricercatori e docenti si aspettano su questi punti «risposte precise, chiare e motivate, nell’interesse di un dibattito sulla autentica libertà dell’Università, il suo tesoro più prezioso. Vogliamo costruttivamente leggere le vostre risposte». F: Red.ne Bologna IlRestodelCarlino 27.04.25.
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