QUALE UNIVERSITÀ DOPO IL PNRR? |
![]() |
![]() |
![]() |
A cura di Marino Regini e Rebecca Ghio. Ed. Milano University Press, 2022 (UNIMI2040). Pg. 331. L’università ha ormai assunto un ruolo chiave nei processi di crescita economica, oltre che civile, dei Paesi avanzati. Le sue funzioni di formare competenze e capitale umano ad alta qualificazione, da un lato, e di produrre e far circolare nuove conoscenze, dall’altro, sono considerate cruciali nelle economie della conoscenza basate sulla capacità di innovazione. Inoltre, le università europee vengono viste anche come canali di mobilità sociale e possono essere considerate come strumenti di produzione di beni pubblici capaci di favorire l’inclusione sociale e società più giuste. Tuttavia il sistema universitario italiano – anche e soprattutto per colpe non sue ma dei vari governi che si sono succeduti e del tipo di sistema produttivo in cui si trova a operare – ha mostrato sia una bassa efficienza ed equità nel fornire capitale umano in misura adeguata a favorire una “via alta” allo sviluppo, sia una performance nella ricerca che, per quanto buona, si è rivelata insufficiente a innescare rilevanti processi di innovazione economica. È evidente che il primo passo da fare per chi voglia far recuperare all’università italiana efficienza ed equità è quello di diagnosticare con chiarezza le cause di questa performance insoddisfacente. Su una tale diagnosi si sono esercitati gli estensori del PNRR, partendo da una visione dell’università quale potenziale motore dell’innovazione e della crescita economica. Come possiamo valutare, all’interno di questa visione, le misure contenute nella Missione 4 “Istruzione e Ricerca” del PNRR? Le riforme previste e gli investimenti stanziati affrontano in modo adeguato le cause delle inefficienze e iniquità del nostro sistema universitario? |