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SANITÀ E RICERCA PDF Stampa E-mail

La direttrice Pooja Jha di Lancet Regional Health-Europe accusa: “Il sistema dei dati sanitari italiani non funziona” è svolto contro una sanità spezzatino, con le Regioni che non riescono nemmeno a comunicarsi dati e informazioni utili a curare i pazienti, figuriamoci a muovere in avanti la ricerca. L’Italia si ritrova immersa in una sorta di feudalesimo in cui «ospedali e strutture sanitarie si affidano a sistemi di raccolta dei dati incompatibili fra loro e vetusti, che rendono impossibile il trasferimento di referti e immagini diagnostiche anche all’interno di una stessa città». Ogni anno la necessità di ripetere gli stessi esami due volte — perché un paziente viene curato in strutture o Regioni diverse, incapaci di leggere l’una i referti dell’altra — costa all’Italia 3,3 miliardi. Né la frammentazione della sanità italiana permette di fare ricerca su grandi numeri di pazienti. Il numero di studi scientifici autorizzati oggi, ricorda la rivista medica, è il 15% rispetto al 2009. Su questo panorama già parcellizzato incombe la riforma dell’autonomia differenziata, che «minaccia di peggiorare la situazione, acuendo le disparità tra le Regioni». Non è un caso che le 7 Regioni oggi sottoposte a un piano di rientro delle spese sanitarie siano tutte al Centro-Sud (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia e Sicilia) e che il rispetto dei livelli sanitari di assistenza sia garantito solo in Regioni del Centro-Nord (unica eccezione la Puglia). «Ancora oggi il fascicolo sanitario in Italia è gestito dalle Regioni in modo autonomo e disomogeneo» lamenta il segretario della commissione di Lancet. sulle disparità di trattamento delle malattie cardiovascolari. Questo impedisce a uno studio scientifico di estendere i suoi orizzonti al di là di poche migliaia di pazienti. «I paesi del Nord Europa hanno una banca dati centrale consultabile da ciascun medico autorizzato». F: E. Dusi, repubblica.it 05.01.25.