Nel corso dell’ultimo decennio il numero di ricercatori nell’Unione Europea, secondo i dati di Open Polis elaborati su fonte Eurostat, ha visto un sostanziale aumento: +24% tra 2012 e 2021. Stando all’ultimo aggiornamento disponibile, i ricercatori universitari in Europa sono più di 638.232 nel 2021. A ospitarne il numero più elevato in termini assoluti è la Germania (120mila, circa il 19% del totale). Seguono Francia (14%) e Spagna (11%). È la Danimarca a detenere il primato europeo, con oltre 300 ricercatori universitari ogni centomila abitanti. Segue il Portogallo con 280. Agli ultimi posti si posizionano invece Romania (32) e Bulgaria (48). L’Italia, con 99 ricercatori ogni centomila abitanti, è al quartultimo posto in Europa e ben al di sotto della media, pari a circa 143. A tal proposito ANVUR segnala, infatti, per l’Italia un andamento oscillante ma relativamente stabile del numero dei ricercatori: e docenti in decrescita tra 2012 e 2021 e in ripresa per un solo anno fino al 2022 – forse grazie ai fondi PNRR – con 4000 unità in più rispetto al 2012. I dati, tuttavia, evidenziano come questa crescita sia dovuta soprattutto all’incremento dei giovani ricercatori a tempo determinato. Approfondendo l’analisi dei dati, in Italia nell’anno 2012 il personale docente contava su circa 26.638 ricercatori (46,5% dei docenti), nel gradino superiore 16.146 professori associati (28,2%) e al vertice 14.521 professori ordinari (25,3%). Nell’anno 2022 la composizione dell’organico dei docenti universitari è differente: i ricercatori diminuiscono (con la messa ad esaurimento del ruolo a tempo indeterminato) e sono 18.813 (30,8 %) di cui due terzi a tempo determinato, sono 26.599 i professori di II fascia (43,5% del totale), e 15.687 professori di I fascia (25,7% del totale). In sostanza nei prossimi anni i ruoli a tempo determinato tenderanno a raggiungere la percentuale del 30% del personale docente, cioè tutti i ricercatori. F: agendadigitale 30.10.24.
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