Vige ancora oggi la riforma del 2010 (legge 240/2010 c.d. Gelmini) in realtà già superata dalla riforma Messa, varata nel 2022, ma mai applicata. La riforma del 2010 aveva eliminato la figura del RICERCATORE A TEMPO INDETERMINATO (RTI), riducendo a due (PROFESSORE DI I E II FASCIA) le posizioni a tempo indeterminato in università; inoltre, aveva introdotto DUE FIGURE DI RICERCA A TEMPO DETERMINATO (note come RTD “TIPO A” e TIPO B”), una delle quali apre la porta alla stabilizzazione, in presenza di specifiche condizioni. A completare questo quadro concorre la tipologia contrattuale dell’ASSEGNO DI RICERCA, non riconosciuto come forma contrattuale propriamente lavorativa (nonostante preveda il pagamento dei contributi previdenziali) ma ampiamente utilizzato nel mondo accademico. La legge 79/2022 è intervenuta su questo status quo proponendo una riforma delle FIGURE CONTRATTUALI DELLA RICERCA che andasse in direzione di una progressiva conformazione alle prassi europee. La riforma Messa ha abrogato l’assegno di ricerca – che non rispettava la Carta Europea dei Ricercatori rispetto ai diritti retributivi e previdenziali dei ricercatori stessi – e introdotto una nuova forma contrattuale: il CONTRATTO DI RICERCA, più lungo (della durata di due anni e prorogabile una sola volta, a differenza dell’assegno, che aveva durata minima di 12 mesi) e, soprattutto, riconosciuto come contratto di lavoro, con le conseguenti tutele (ma, per questo, più costoso per le università). Ma questa riforma, pubblicata in Gazzetta Ufficiale a fine giugno 2022, è rimasta lettera morta. Con la caduta del governo Draghi e la successiva formazione del governo Meloni, infatti, il finanziamento e l’impiego delle nuove figure di ricerca (ad esempio, tramite l’approvazione del nuovo contratto di ricerca in sede di contrattazione collettiva) non sono mai stati realizzati. Ciò si è tradotto, nella pratica, in una serie di proroghe alle disposizioni della legge 240/2010 (c.d. Gelmini) – compresi gli assegni di ricerca, che sono, di fatto, il nerbo della ricerca italiana con figure non di ruolo. Grazie ai piani straordinari di reclutamento e all’iniezione nel sistema accademico italiano di fondi resi disponibili dal PNRR, negli ultimi anni si è assistito a un’inedita proliferazione di figure di ricercatori non di ruolo: ad oggi, popolano l’università più di 20.000 ASSEGNISTI di ricerca e circa 9.000 RTD-A, per molti dei quali i contratti sono in scadenza e non potranno essere rinnovati. F: S. Belardinelli, ilbolive.unipd.it 19.11.24.
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