Riforma efficace solo con tagli ai dipartimenti improduttivi |
|
|
|
Invece di regolare ciò che non può essere regolato, lasciate fare a ogni ateneo quello che vuole, ma ogni tre anni valutate (magari con una commissione internazionale) la ricerca prodotta: gli atenei che hanno operato bene, ricevono più finanziamenti, a chi ha operato male sono tagliati i fondi. In Italia la riforma delega il governo ad assegnare «fino al 10%» dei fondi in questo modo. È qui, in quest’oscuro comma 5 dell'art. 5, che si giocherà il destino di questa riforma. Solo se il governo avrà il coraggio di utilizzare il tetto massimo, e di imporre criteri impietosi che escludano da questa quota gran parte dei dipartimenti che non fanno ricerca di qualità, la riforma potrà avere un qualche effetto. Purtroppo un sano pessimismo è scusabile: la maggioranza degli atenei non accetterà mai tagli a favore dei pochi atenei eccellenti e magari già più floridi, e troverà il sostegno dei tanti che vogliono dare più soldi ai peggiori per "portarli al livello dei migliori". Non sarà facile combattere questa mentalità. (R. Perotti, Il Sole 24 Ore 01-12-2010)
|