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UNIVERSITÀ ONLINE, LA “PERFETTA COMPAGNIA DI UN POTERE CHE ODIA IL PENSIERO CRITICO” PDF Stampa E-mail

Una laurea su dieci è oggi a distanza: nate come funghi (ben 11, di cui 9 private) tra 2004 e 2006, in seguito a una legge del secondo governo Berlusconi, le università online o telematiche intercettano l’11,5 % degli studenti italiani. Godono di una rilevante spalla politica per cui riescono di fatto a eludere i rigidi controlli che Ministero e ANVUR impongono invece alle università in presenza. Di seguito si riproduce una delle più sferzanti critiche pubblicate sulle università online. “Ma si può davvero parlare di ‘università’? Un ateneo for profit ha una natura diversa: non forma cittadini, ma vende a clienti; non ha come fine ultimo la ricerca e la cultura, ma il profitto dei padroni; deve stabilire una gerarchia tra l’interesse economico e la libertà accademica, e non è difficile capire come si risolva questa gerarchia; vive di un rapporto lobbistico con la politica che inquina alla radice il processo legislativo. La destra italiana ha una particolare simpatia per questa mutazione genetica: e non solo per ragioni, diciamo, di personale politico (per dire, il ministro Francesco Lollobrigida ha preso nel 2014, quarantaduenne, una laurea in giurisprudenza presso Unicusano di Stefano Bandecchi, il quale ora è entrato direttamente nella maggioranza di governo), ma anche per la cospicua entità dei finanziamenti (leciti, e in chiaro) che i patron delle telematiche versano alla destra e ai suoi vari partiti. È un fatto che il ministro della PA Paolo Zangrillo abbia esteso alle telematiche il provvedimento che addossa alle casse pubbliche il 50% delle tasse universitarie per i dipendenti pubblici che intendano laurearsi, per non parlare dello sfacciato vantaggio che è stato accordato alle università virtuali nel campo cruciale della formazione degli insegnanti. E non ci sarà un nesso con l’inerzia dei governi nel promuovere una vera attuazione del diritto allo studio investendo in mense e studentati, visto che uno degli argomenti più ricorrenti nella pubblicità delle telematiche è che “non dovrai pagare affitto, spese da fuori-sede né materiale didattico”? L’immaterialità delle telematiche comporta l’assenza di comunità studentesche capaci di manifestazioni di dissenso, e l’erogazione del ‘pezzo di carta’ (sul quale non è scritto, come invece dovrebbe essere, se lo si è preso in una università reale, o in una virtuale…) diventa di fatto l’unica missione, il profitto l’unico fine: per questo le ‘università’ virtuali sono la perfetta compagnia di un potere che odia il pensiero critico”. F: T. Montanari, Roars 04.10.24.