MIGLIAIA DI FALSI ARTICOLI SCIENTIFICI PUBBLICATI IN RIVISTE ACCADEMICHE |
Un responsabile dell’istruzione pubblica scolastica o universitaria, quale dirigente o quale docente, che abbia coscienza di sé e del proprio ruolo professionale, non cadrà vittima della retorica dei broligarchs sull’impreparazione dei docenti ad adeguarsi alle nuove tecnologie, sulla necessità di intraprendere la “transizione digitale” e di precipitarsi, per non “restare indietro”, a trovare una collocazione qualsiasi ai sistemi di “INTELLIGENZA ARTIFICIALE”. Si chiederà, invece: “transizione digitale” verso dove? Nell’interesse di chi? E di che genere: una digitalizzazione democratica e sovrana o, invece, autoritaria e coloniale? “Ad evitare che dirigenti e docenti si pongano simile domande, concorre l’idea che i sistemi tecnologici siano meri strumenti. Nelle università, la valutazione bibliometrica della ricerca ha fatto apparire sensata la tesi che si possano valutare le opere di un ricercatore senza averle lette – e che basti invece computarne il numero, le sedi di pubblicazione o il numero di citazioni ricevute – e ha spinto gli studenti alla “competitività, alla produttività, al publish or perish“. Nell’università neoliberale, un generatore di linguaggio appare utile, per l’attività di ricerca, perché quell’attività è stata già riconcettualizzata, da chi la valuta, come la mera generazione di testi qualsivoglia. Poiché anche i giudizi dei revisori anonimi non sono, entro questa concezione, che stringhe di testo, anch’essi sono facilmente automatizzabili”. Così, il sistema stesso della scienza, inondato da decine di migliaia di falsi articoli scientifici pubblicati in riviste accademiche, attraversa ora una crisi di credibilità così grave da rendere difficile, ormai, in molti campi, “un approccio cumulativo a un argomento, perché manca una base solida di risultati affidabili”. F: D. Tafani, Roars 21.10.24. |