SU. I baroni grazie a questa legge potranno continuare a decidere indisturbati chi insegnerà nelle università. L'abilitazione nazionale, che avrebbe dovuto sanare gli scandali degli attuali concorsi locali, potrà essere concessa indiscriminatamente, senza limiti numerici, e le università potranno così scegliere, fra la massa degli abilitati, i docenti più graditi ai vari potentati. La valutazione della ricerca, che dovrebbe far emergere e sanzionare i docenti inattivi, non decolla neppure con le istituzioni che già esistono: e la riforma l'affida a un nuovo carrozzone di Stato, che esiste solo sulla carta.
GIU'. ll peso dei professori (del Senato Accademico) nella gestione complessiva degli atenei cala molto, a favore soprattutto dei rettori, del Consiglio d'amministrazione e del direttore generale. Anche se l'autoritarismo aziendalistico che informava il testo originale è in parte attutito, l'intento punitivo verso una delle poche élites non compattamente schierata è piuttosto evidente. (C. Galli, La Repubblica 01-12-2010)
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