RICERCATORI A TD. IL CONSIGLIO DI STATO HA SOLLEVATO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UE IMPORTANTI QUESTIONI PREGIUDIZIALI SUL LORO RAPPORTO DI LAVORO Stampa

I giudici del Consiglio di Stato ritengono corretta la scelta del legislatore di riservare il primo accesso all'insegnamento universitario a contratti a tempo determinato in una posizione professionale, quella di ricercatore, che non è mai suscettibile di assunzione diretta a tempo indeterminato, neanche concorsuale. Tuttavia, i quesiti dei ricercatori ricorrenti alla Corte Ue, accolti dal Consiglio di Stato come giudice di ultima istanza, partono dai dubbi che lo stesso giudice del rinvio pregiudiziale riconosce possano essere fondati; ovvero che questo sistema di legittimo reclutamento a tempo determinato non consente da un lato alcuna misura idonea a prevenire e sanzionare l'abusivo ricorso alla contrattazione a termine, e, dall'altro, crea una discriminazione rispetto ai ricercatori degli Enti pubblici di ricerca, che rientrano tra i soggetti destinatari delle procedure di stabilizzazione previste dalla riforma Madia. In definitiva, secondo il giudice amministrativo, potrebbe esserci una violazione del diritto dell'Unione europea e, in particolare, delle clausole 4 e 5 dell'accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato, recepito dalla direttiva comunitaria 1999/70. Sarà pertanto la Corte Ue a fornire quelle risposte di tutela effettiva del precariato pubblico anche nei settori di alta specializzazione professionale, che finora il legislatore nazionale ha impedito potessero essere trovate nell'ordinamento interno. (F: V. De Michele, FQ 12.02.20)