HYPERAUTHORSHIP. I LAVORI CON PIÙ DI 1000 AUTORI RADDOPPIATI IN CINQUE ANNI Stampa

Martin Szomszor e i suoi colleghi dell'Institute for Scientific Information (Isi) hanno analizzato gli articoli contenuti nel database Web of Science (Wos) constatando che negli ultimi 5 anni il numero dei paper con più di 1000 autori o che coinvolgono più di 100 Paesi è più che raddoppiato rispetto al lustro precedente. Se tra il 2009 e il 2013 erano 573, tra il 2014 e il 2018 se ne contano 1.315.
A stupire gli analisti dell'Isi non è solo l'impennata dell'hyperauthorship, ma anche il fatto che tali articoli di massa siano pubblicati con maggiore frequenza. Tra il 2009 e il 2013, nel Wos era indicizzato un solo manoscritto redatto da ricercatori di oltre 60 Paesi, nei cinque anni successivi ce ne sono stati 49, e quasi due terzi di questi avevano autori provenienti da oltre 80 nazioni.
Per Szomszor e diversi altri esponenti del mondo accademico l'hyperauthorship non è un fenomeno negativo, poiché riflette la natura sempre più globale della ricerca in diversi campi. Questa tendenza, inoltre, probabilmente aumenterà nel prossimo futuro. Basta pensare ai temi che dominano la cronaca: cambiamenti climatici, epidemie, cause delle migrazioni dei popoli non rispettano certo i confini nazionali. Ma il timore è quello che l'hyperauthorship finisca col nascondere pratiche non del tutto oneste, come quella di inserire nell'elenco degli autori di un articolo membri del team che in realtà hanno contribuito poco o niente alla specifica ricerca, ma che nella logica del publish or perish (la regola non scritta per cui se uno scienziato non pubblica lavori difficilmente sopravvivrà, lavorativamente parlando) ne traggono vantaggio per le loro carriere e per l'accesso ai finanziamenti. (F: M. Magistroni, Wired 18.12.19)