Ricercatori. La retribuzione della didattica svolta dai ricercatori a tempo indeterminato Stampa
Martedì scorso il sottosegretario Giuseppe Galati (Istruzione) è stato chiamato a rispondere a un’interrogazione dell’on. Manuela Ghizzoni (PD) circa la spinosa questione della retribuzione della didattica svolta dai ricercatori universitari a tempo indeterminato. Questione spinosa perché se pure la legge Gelmini stabilisce che tale didattica principale deve essere retribuita (pur nei limiti di bilancio dei singoli Atenei) le università fanno tutte finta di non sentire e, probabilmente, quei soldi li hanno già spesi. Ma è la costruzione della risposta all’interrogazione che è comica e, a tratti, francamente ridicola.  Prima di tutto si comincia con il negare che il Ministero sappia quale sia la percentuale della didattica principale (“curriculare”) svolta dai ricercatori oltre a quella prevista come loro dovere (la cosiddetta didattica “integrativa”). In altre parole, dal 2005 a oggi non si è in grado di dire, e neppure prevedere, quanta sarà tale didattica per il prossimo anno accademico. Motivo? Disarmante: “il Ministero non è in possesso dei dati relativi alla percentuale di didattica curriculare affidata ai ricercatori di ruolo trattandosi di determinazioni assunte dagli atenei in piena autonomia e per le quali non è prevista una specifica comunicazione al Ministero”.
(Fonte: P. Graglia 14-11-2011)