Abilitazione scientifica nazionale. I pareri sulla qualità della valutazione Stampa

Il dibattito sulla qualità della valutazione in sede di abilitazione scientifica nazionale si è focalizzato su due pareri istituzionali distinti e in buona parte discordanti tra loro: quello del CUN – Comitato Universitario Nazionale e quello dell’ANVUR – la neonata Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca. La differenza tra i due documenti risulta subito evidente.
Il documento del CUN ha adottato un approccio “caso per caso”, che ha il difetto di mancare di coerenza e unitarietà. In alcuni settori, ad esempio, si contano solo le pubblicazioni su riviste certificate ISI, in altri genericamente si parla di riviste internazionali o di “peer-reviewed”, in altri si conta di tutto. In alcuni settori si calcola l’h-index, in altri il numero di citazioni, in altri non si tiene conto della bibliometria, ma ci si accontenta (è il caso dell’area umanistica) di due monografie pubblicate non si sa bene come e dove. Per non parlare delle varie soglie numeriche (in genere comunque abbastanza basse), non si capisce basate su cosa, su quali studi particolareggiati. Tali soglie, non tenendo conto delle differenze molte volte sostanziali esistenti nelle procedure di pubblicazione e di citazione anche tra settori appartenenti alla stessa area, finiscono inevitabilmente per essere poco selettive per alcuni e iperselettive per altri. In definitiva, il documento CUN appare del tutto settoriale e privo di un metodo unitario. Le sue debolezze sono evidentemente conseguenza della faticosa opera di mediazione fra corporazioni accademiche.
Di diverso tenore il parere dell’ANVUR. Pur essendosi l’ANVUR trovata a formulare un parere in tempi molto brevi (i componenti dell’Agenzia erano ancora di fresca nomina), essa si è mostrata aperta al confronto con tutte le parti. Ha preso in considerazione commenti e obiezioni, trattando la questione dei criteri abilitativi, così come quella dei criteri di valutazione dell’attività di ricerca e didattica, come un processo in continua evoluzione, anziché una serie statica e immutabile di “criteri minimi” come nel documento CUN. Per i settori scientifici non-umanistici, il parere ANVUR si basa essenzialmente su requisiti di tipo bibliometrico, fissando soglie identificate sulla base del calcolo della mediana dei parametri bibliometrici posseduti dai docenti strutturati appartenenti ai settori per i quali si richiede l’abilitazione. Se ad esempio si prende in considerazione l’h-index, si chiede che il candidato all’abilitazione abbia un h-index maggiore del valore corrispondente alla mediana di coloro che appartengono a quel settore nel ruolo al quale il candidato vuole accedere (PA o PO). È chiara la selettività di criteri del genere, il fatto che essi abbiano una base statistica e che nel tempo accrescano inevitabilmente la produttività di un settore. Altra cosa che positivamente impressiona è che ANVUR tiene conto della continuità produttiva, richiedendo che tali parametri siano calcolati entro gli ultimi 5 (per i PA) o 10 (per i PO) anni, in modo da mettere sullo stesso piano giovani e meno giovani (è noto, infatti, come i parametri bibliometrici crescano con l’anzianità accademica).
Degno di nota ci pare il modo in cui l'ANVUR ha affrontato la specificità dei settori umanistici (attribuendo punteggi ai diversi prodotti scientifici in base alla loro circolazione nazionale o internazionale), dove oggi sicuramente non sono applicabili gli schemi bibliometrici proposti per le aree scientifiche. A questo proposito ci pare che la soluzione proposta dall’ANVUR costituisca un ottimo risultato, sia perché incentiva l’internazionalizzazione, sia perché contribuisce a ridurre l'arbitrio esercitato dalle commissioni di concorso (senza però azzerarne i poteri decisionali). Per quanto riguarda le discipline di area umanistica ci paiono sensate e apprezzabili le modifiche proposte congiuntamente dalla Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea e dall’Associazione degli Italianisti in uno spirito costruttivo e non difensivo. Seguendo tali proposte crediamo che si possa stimolare anche in area umanistica una vera promozione del merito.
Nonostante le critiche ricevute, e la campagna mediatica che si è da subito scagliata contro la proposta ANVUR e per la difesa dello status quo, l’Agenzia non si è chiusa a riccio, tutt’altro.
L’ANVUR ha emanato il 12 luglio un documento in cui emenda il proprio parere, tenendo conto di molte delle critiche ricevute e rigettandone, sempre in modo motivato, altre. L’ANVUR introduce oggi un approccio che ha il merito di guardare a obiettivi chiaramente identificati, in questo caso quelli di operare una selezione del corpo docente basata sul merito e di accrescere la produttività della comunità scientifica italiana. E non lo fa dal punto di vista dei potentati accademici o di interessi di singole discipline, ma sulla base di studi accurati e alla luce delle migliori pratiche internazionali.
ANVUR inoltre cerca di incentivare il più possibile le pubblicazioni su riviste e/o editori internazionali dove con tal termine si deve intendere quei lavori pubblicati per essere letti in un circuito mondiale e scritti in lingua inglese. Ciò non perché, come qualcuno obbietta, si pecchi di esterofilia o si voglia sminuire la lingua di Dante e di Leopardi, quanto perché l’inglese è oggi, piaccia o non piaccia, la lingua universalmente adottata in un contesto internazionale e risulta essenziale, per un ricercatore (ormai di tutte le discipline), comunicare i risultati dei propri lavori al pubblico più ampio possibile.
(Fonte: insorgere, APRI 22-09-2011)