I NUMERI DELLE RISORSE NELLA RICERCA Stampa

L'Italia versa all'Europa il 12,8% del bilancio complessivo dei cosiddetti Programmi quadro per la ricerca scientifica. Ottiene in contropartita finanziamenti solo per l'8,7%: siamo in credito di un quarto delle risorse. La novità è che, oltre alla distanza dai Paesi storicamente più virtuosi - la Germania riceve il 16,4% dei finanziamenti totali, il Regno Unito il 14, la Francia il 10,5 -, ora si avvista il sorpasso della Spagna. Nel primo triennio del terzo Horizon 2020 (il programma scientifico europeo 2014-2017), Madrid ha avuto il 9,8% dei finanziamenti europei. Un punto abbondante meglio di noi. L'Olanda, l'esempio più efficace in Europa, prende il quadruplo di quel che versa.
Il numero di ricercatori italiani: dal 2005 al 2016 sono cresciuti di 60 mila, ma la quota sale solo nelle industrie private. Sono ormai 72 mila contro i 78 mila (stazionari) delle università. Negli Enti pubblici di ricerca sono in tutto 29 mila.
Pochi finanziamenti, arruolamento faticoso e frammentato hanno prodotto un invecchiamento strutturale dei ricercatori italiani. L'età media dei docenti nelle università è 49 anni, nelle istituzioni pubbliche è di 46: l'incidenza dei professori ultracinquantenni è superiore al 50%, ben più elevata di quella dei nostri partner europei. Gli assegnisti di ricerca, la classe più precaria in questo segmento decisivo per la salute economica e culturale dell'Italia, sono quasi il 20% dei ricercatori nelle università e addirittura un quarto negli enti di ricerca.
La spesa in Ricerca e Sviluppo in quattordici anni è passata dall'1% del Pil all'1,4. La media Ue è del 2%. Le gare pubbliche nell'ambito R&S sono solo lo 0,15% del totale dei beni e servizi acquistati dalla pubblica amministrazione: 178 milioni di euro contati nel 2018.
Sul piano delle pubblicazioni, la risposta dei ricercatori è "coraggiosa". La comunità scientifica italiana, nonostante le incertezze istituzionali, produce il 5% dei lavori mondiali con un numero di citazioni che nel biennio 2017-2018 hanno rappresentato l'1,4% globale. Questa produzione è paragonabile a quella della Francia, che ha un numero di ricercatori decisamente superiore. Resta marginale, anche se in crescita, l'aliquota dei brevetti depositati (il 2,52% del totale mondiale).
Il saldo commerciale nell'alta tecnologia è sempre in deficit (4 miliardi di dollari), ma è meno rilevante nell'ultimo decennio. I settori high-tech di punta, in Italia, sono l'automazione industriale e la farmaceutica. (F: C. Zunino, La Repubblica 15-10-19)