La formazione orientata all'estero Stampa

Internazionalizzazione, possibilità del conseguimento del doppio titolo di laurea in Italia e all'estero, interdisciplinarietà. Ruota intorno a questi tre cardini l'offerta di formazione che gli atenei italiani, dalla Lombardia alla Sicilia, hanno predisposto per l'anno accademico 2011-2012. L'anno si aprirà tirando le prime somme delle novità introdotte dalla Riforma Gelmini (blocco dei corsi, trasformazione delle facoltà in scuole, controllo sulle risorse finanziarie) e che hanno obbligato gli atenei non solo a rivedere la propria organizzazione e gli statuti ma anche a riformulare l'offerta didattica dedicata agli studenti. Che secondo le stime sono in aumento un po' ovunque (solo a Bologna i nuovi iscritti sono cresciuti del 5 per cento rispetto al 2010) e cui il mercato del lavoro chiede competenze sempre più specializzate, capacità di risoluzione dei problemi in un'ottica multidisciplinare, conoscenza delle lingue e delle realtà straniere. Ecco quindi lo sforzo degli atenei, sia in termini di risorse finanziarie sia professionali, per offrire ai propri iscritti un orizzonte formativo e lavorativo internazionale. «Il ministero dell'Università e della ricerca ci ha chiesto di tagliare i corsi e risparmiare - sottolineano i responsabili della didattica di tutti gli atenei commentando lo scenario che si trovano di fronte - ma nonostante ciò cerchiamo di garantire a tutti gli studenti la possibilità di costruire un percorso formativo il più possibile specialistico e attento a chi ci sta intorno».

Così se a Venezia, la prima università italiana insieme con il Politecnico di Milano ad aver trasformato le facoltà in scuole e dipartimenti, si sperimentano inedite ibridazioni tra corsi che fondono competenze e insegnamenti tra molto distanti (come la chimica e la conservazione dei beni culturali, ad esempio), a Milano sia la Bocconi sia la Bicocca hanno attivato collaborazioni con atenei stranieri in grado di garantire agli studenti la possibilità di una formazione globale e l'opportunità di conseguire il doppio titolo di laurea specialistica. E il double degree è infatti uno degli strumenti che anche Bologna, Firenze e Roma hanno deciso di mettere a disposizione dei propri iscritti: accordi sia con università del Vecchio Continente (in primis Francia, Spagna, Gran Bretagna e Germania) sia con quelle dei Paesi emergenti. Come nel caso del Politecnico di Torino, che per i corsi di laurea in Architettura, Ingegneria Meccanica e Aerospaziale ha stipulato intese con atenei in Brasile, Cina e India che consentiranno ai giovani italiani di studiare per un anno nelle strutture ospitanti, o come alla Bocconi, che ha in attivo sedici convenzioni. «Quelle che più ci interessano in questo momento -spiega Fulvio Ortu, prorettore con delega all'internazionalizzazione - sono quelle nei cosiddetti Paesi Bric, e che vedono un sempre crescente interesse da parte degli studenti».

Ma la formazione orientata all'estero è fatta anche di altro: e così, considerato che la riforma non consente l'attivazione di corsi ex novo, le università si sono attrezzate per migliorare quelli esistenti, in primo luogo trasformando i percorsi di studio tradizionali in corsi in lingua inglese. Alla Sapienza ad esempio lo è il quaranta per cento delle lauree magistrali, diciannove sono invece quelli attivati al Politecnico di Milano, mentre a Torino tutte le lezioni del primo anno e gran parte di quelle del secondo e del terzo sono tenute anche in lingua inglese oltre che in italiano.
(Fonte: G. Bassi, Il Sole 24 Ore 15-06-2011)