La barriera per le ”Top Universitiy” degli Stati Uniti non è la razza, ma la classe Stampa
Solo pochi giorni fa in Gran Bretagna il primo ministro David Cameron lamentava la scarsa presenza di studenti di colore nel prestigioso ateneo di Oxford. Oggi però sull’altra sponda dell’Atlantico appare chiaro che non è solo una questione di colore della pelle, né di opportunità o borse di studio: è la classe di reddito la vera barriera all’accesso alle “top universities” americane, anche attraverso una sorta di “autocensura”. Con un costo annuo che si aggira sui 52mila dollari, ad esempio, la Washington University fatica non poco nella caccia agli studenti di talento provenienti da famiglie economicamente svantaggiate. Il superselettivo ateneo privato dispensa ogni anno quasi 70 milioni di dollari in borse di studio, di cui beneficiano il 60 per cento dei suoi studenti. Ma, nonostante l’attività di orientamento dell’ateneo tenti di raggiungere anche gli ambienti sociali più poveri, solo il 6 per cento dei suoi 8.500 studenti beneficia del cosiddetto Pell Grant, un finanziamento che spetta agli studenti meritevoli la cui famiglia guadagni meno di 40.000 dollari l’anno. Una percentuale che negli ultimi anni invece che aumentare, è andata diminuendo. “Il problema è sempre quello: si iscriveranno?”, dice il prorettore che si occupa delle ammissioni. Questa barriera “invisibile” non è un problema che riguarda sono l’Università di Washington, tutte le università pubbliche e private di un certo livello si trovano a farci i conti. Gli esperti sono concordi nel suggerire che, quando si tratta di scegliere l’università, è la classe, non la razza, a fare da spartiacque e in generale, pare che gli sforzi di incoraggiare l’accesso alla formazione universitaria per gli studenti meno abbienti abbia maggior successo quando si tratta di università e college locali e meno selettivi.
(01-05-2011 Fonte)